giovedì 22 settembre 2016

RISTORANTE REALE



Mannaggia se c’ho pensato prima di scriverlo questo post.
Credimi chef Romito ti ho pensato e ripensato, a volte con gli occhi a cuore, a volte perfino seriamente, e non è proprio il mio stile.
Ho lottato sul momento contro quella bramosia tutta social di postare le foto, “ehi amici guardate e schiantate”. Insomma non è che capito a Castel di Sangro tanto spesso, non mi pareva il caso di distrarmi. E infatti non mi sono distratta neanche un po’..fino a che non sei venuto al tavolo a raccontare. A quel punto ho mollato gli ormeggi.
E poi il giro nelle cucine, ancora me la sogno la stanza dedicata al pane.
Poi quella voglia di sentirmi figa nel dire io ci sono stata si è manifestata in tutta la sua potenza. Il valore di un segreto triplica nel momento in cui lo riveli: sarebbe come uscire con un tipo nuovo e non poterlo raccontare alle amiche. Godi a metà.

Ho anche deciso che non metterò le foto dei piatti, che ovviamente ho scattato, in tutti i versi e posizioni. Alle foto manca l’odore, e manca il rumore. E laddove la cucina è essenza, concentrazione, purezza, se togli il profumo a una focaccia di grano solina o il rumore dei grissini di grano saragolla che si spezzano in bocca, è come comparire in foto con gli occhi chiusi. Quella metà di te che sta negli occhi è persa.
E poi le mie foto sono brutte. E questo da se bastava e avanzava, senza tutto quel giro di parole di cui sopra.
“Sabri guidi tu che hai la guida morbida..”, be’ su questo fatto ci marciano in parecchi. Ma sto andando al Reale non mi pare il caso di polemizzare. Per andarci a cena rimane un po’ fuorimano se si parte da Firenze, fortuna che la statale 17 che attraversa la valle del Gizio, per poi salire sull’altopiano delle Cinquemiglia è di una tale bellezza, che mi passa ogni fatica delle tre ore di guida sulle spalle, con macchina altrui. Un tempo partivo la mattina all’alba per andare a un concerto, adesso mi faccio 450 km per andare a cena. E prima o poi finirò a parlare del tempo, di fiction coi preti e di detersivi. E riesumare ricordi di musiche anni 80 con qualche santino di Micheal Stipe o delle Bananarama. Ma per ora non ci penso e mi concentro a non sbagliare strada, perché il Reale è appena fuori del paese, a metà della montagna. Un ex monastero cinquecentesco ristrutturato: bianco. Imponente. Bello. Pare immacolato. Tre edifici disposti in una struttura a U, con due lunghe braccia laterali, come a esprimere la volontà di accoglierti, a braccia aperte, ma senza clamori, perché questo è da sempre un luogo di studio e silenzio.
All’ingresso un antico cancello. Occorre suonare il campanello per farsi aprire. Suono. Il cancello inizia ad aprirsi, poi si blocca e si richiude.
“ecco è un segno..lo sapevo”
“ma smettila di piagnucolare, è il segno che devi risuonare”
Mi vergogno, mi sento la ritardata che non sa neanche attraversare un cancello automatico e che tra poco si siederà alla tavola di chef Romito.
Ma lui è lo chef dal viso buono, e lo sguardo candido, male che vada sorriderà del mio approccio goffo col campanello.

Va bene ma ora arriva al dunque. Ci vuoi dire che hai mangiato?
Ho masticato ricordi e sostanza: il crostino con i pomodori secchi, la patata sotto la cenere, pane e ragù. E mi è sembrato di non averli mai mangiati prima.
Ho mangiato fettucce di semola e gamberi rossi. Ho mangiato animelle e panna e limone. Ho mangiato acciughe e scampo e patate e bietola. Proprio così come li ho scritti. E di nuovo quella sensazione di non aver mai incontrato una animella o lo scampo. Alla sua destra bietole, alla sinistra patate. Insieme ma separati.
“E’ come prendere uno scampo a braccetto, ma senza sposarlo, insomma la situazione ideale non solo gastronomicamente parlando..”
“Sabri resta sulla gastronomia vai..per il resto un tunn’hai scampo!”
Ehm dunque stavo dicendo.. ho bevuto infuso di bietola e brodo di limone, e ho mangiato pane, elevato a portata a sé. Forse quella più importante, perché ti accompagna lungo tutto il pasto, precisa chef Romito. Pane intero, non affettato, che ho spazzato con le mani “ecco abbiamo il messia a tavola con noi, ma sta facendo un sacco di briciole, per noi sei un angelo tarocco” è stato il commento dei miei amici al tavolo.
Certo che le loro bocche sono tanto raffinate quanto mordaci. Ma potrei perdonarli perché non sanno ciò che dicono..
E il pane è protagonista fino alla fine con pane fichi e anice, e mi rammento le picce col finocchio, e un po’ mi viene la pelle d’oca.
Chef Romito parliamo spesso di te, odori che sono impressi in testa e sapori che non ci riesce di ritrovare.
Unforketable that’s what you are.