sabato 27 dicembre 2014

BOLLICINE DAL SUSSEX

Nyetimber classic cuvée 2009

Il caro amico Bart, collega ristoratore mi omaggia di questo regalo. E' il mio primo approccio con un vino spumante del Regno Unito. Ne avevamo parlato qualche tempo fa, di quanto eravamo curiosi in proposito; ma era sera tardi, solo noi unici clienti rimasti al mio ristorante a lottare con le zanzare e a vagheggiare di ferie. Io quindi me ne ero debitamente scordata. Ma non il grande Bart. Ed eccolo con la bottiglia: quando si dice un dono di Natale pensato e ancor più prezioso perché condiviso.
E' buffo perchè mi dice semplicemente: ho portato da bere. Frase che lo cava dall'impiccio di un vocabolario ancora manchevole. Infatti se voglio bere italiano dico: ti va una bollicina? oppure Ho portato uno champagnino, se sono in vena di bere francese, ma se dico: ho portato un quality sparkling wine, suona strano. Ancora peggio se dico porto uno spumante inglese. Peccarità! anche nel lessico viene fuori quanto siamo impreparati a questi prodotti.
Ce lo stappiamo insieme quale augurio di superare indenni le festività, periodo da bollino rosso per noi ristoratori.
Stappa e assaggia poi mi porge il bicchiere:
sabri bevi e sorprenditi
mi sorprendo perché ci trovo tutto ciò che mi aspetto in uno champagne da manuale: lievito e pasticceria, burro, vaniglia e forte agrume, che tradotto insieme fa un molto calzante lemon curd, note di mela e accenni di marzapane. E' sapido e acido come poche bollicine finora incontrate. Una bollicina forse impetuosa in bocca, quasi un dispetto per chi osa col vino nel Sussex, terra di grandi birre dalla spuma fine e cremosa. E' buono questo champenglish ed è un dato indiscutibile. Forse il limite, se ce l'ha, è proprio questo suo essere come lo champagne da manuale: della serie "e sai cosa bevi". Ma si fa tanto per chiacchierare ovvio, ci siamo sorpresi e abbiamo gradito e l'abbiamo finito.

martedì 23 dicembre 2014

NATALE A CASA MIA REMIX

Ripropongo il classico post sul Natale a casa Somigli. Un remix del post dello scorso anno tanto il Natale è sempre lo stesso da che io ho memoria. Ecco la mia tavola per la cena del 25, perché a pranzo sono al fronte, tra bombe-bambino che esplodono urlanti ogni minuto perché vogliono scartare il regalo prima della fine del pranzo. Il servizio è uno slalom su un terreno minato, nello sforzo di non calpestare le cataste di regali e balocchi sparsi per terra. La sera finalmente festa col parentado a casa mia. E via a ripreparare una tavola..
E a casa mia non è Natale se sulla tavola imbandita per la cena non ci sono nell’ordine:
  • la soviet salad alias insalata russa, colei che rende dignità alle carote e alle patate lesse, grazie all’oscena sensualità di una maionese ben fatta. E non sottovalutate la capacità liberatoria di frustare la maionese, quale spurgo da stress prefestività..
  •  i tortellini in brodo, che fino all'anno scorso erano dei minuscoli cappelletti all'uso di Romagna ( (7° ricetta nel libro dell’Artusi) in brodo di cappone, perché come raccomanda il gastronomo “questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone, quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini”. Quest'anno per ragioni di tempo addio ai cappelletti grandi come una mentina, preparati sbadigliando la notte del 24 a fine servizio; largo a tortellini confezionati
  • i piselli surgelati cotti con la "carne secca" (rigatino): da sempre ci son stati nei Natali di cui conservo memoria e mia nonna  si raccomandava  che non fossero quei piselli novelli cicciuti e troppo dolci, ma i pisellini primavera, unico caso in cui sono da preferirsi i pisellini fini..
  • le confezioni di polistirolo con i datteri allineati e la forchettina di plastica bianca a forma di ballerina. Quando mi son recata per studio in Tunisia per apprendere le tecniche irrigue in condizioni di aridità, ho cercato disperatamente, nelle piantagioni di datteri, le signorine/ballerine con la gonna in paglia, ma ho trovato solo uomini in jeans che giravano tra le palme col motorino. Babbo Natale non è il solo che non esiste..
Un felice Natale a tutti voi!

mercoledì 17 dicembre 2014

PIATTI DEMODE' CHE HANNO UN PERCHE'

E' per puro caso che mi trovo a pranzare in questo ristorante del centro, decisamente vecchio stampo. Ve ne sono altri in Firenze e dintorni, e ciò che si considera superato o antiquato, rappresenta per questi esercizi uno dei punti di forza.
Ed è per puro caso che entro al ristorante che non è ancora mezzogiorno e mezzo. In genere solo gli anziani si presentano al ristorante tra le 12 e le 12,30. Oggi sono out pure con l'orario.

Ordino un antipasto di cannellini e bottarga, a seguire un merluzzo al cartoccio con pomodorini e timo. La fanciulla, che sarei io (d'accordo ho un po' esagerato), che apre le danze con un antipasto di fagioli e bottarga è donna di sostanza. Indiscutibile. E questo mi vado ripetendo da ore, praticamente da quando li ho ordinati. E la porzione è consona: sostanziosa per la donna di sostanza di cui sopra.
I fagioli cannellini sono serviti nella fondina di coccio marrone smaltato, quella che si trova praticamente in fondo alla vetrinetta di ogni famiglia, eredità di cui non ci si riesce a disfare. I fagioli sono decisamente duri e "buccini" ma la cucchiaiate da minestra di bottarga che il cameriere ci catapulta sopra in diretta, mi fanno dimenticare il cannellino semi crudo
"desidera del pepe?"
diamine che domande! e lui ci va di mulinello grande come un didgeridoo. Anche più piccolo funziona lo stesso, ma non ti si sviluppa il bicipite. Sono scelte.
Piatto in tutto e per tutto demodé, che ha il suo perché: perché ci sono ancora persone che non si saziano con le modiche quantità "moderne" e che godono col fagiolo lesso. Tuttavia meglio se non troppo crudo.
Ed ecco il merluzzo cotto nel cartoccio di alluminio. I miei amichetti del settore mi stroncherebbero subito con: "alluminio è anni settanta a bestia!. Ora sempre e comunque la cartaforno"
Alluminio demodé, ma al contatto con la "stagnola" il merluzzo ha fatto una crosticina interessante: o provaci con la carta forno se ti riesce!

in fondo mi sento un po a casa, anche il Maccherone per tanti aspetti è vintage!! Però è un po' meno caro di questo posto. 

Rivolgo uno sguardo alla sala che è quasi piena, incuriosita dal tipo di commensali.
Al tavolo a fianco, presumo gente facoltosa, visto che si fanno aprire un Masseto di cui non m'è dato sapere l'annata. Il cameriere lo scaraffa. Io vorrei che tutte le caraffe di cristallo del mondo esplodessero. Queste non sono pratiche demodé ma scelleré. Mettimi la bottiglia sul tavolo per favore a arieggiare il vino ci penso da me.
Le due zie con nipote, quadretto con pittura a olio e cera, che siedono alla mia destra, hanno ordinato un vino di Les Cretes. Sento il cameriere che dice loro "se non è di vostro gradimento lo cambiamo". Pare che lo vogliano più dolce, che sia troppo aspro per loro. Richiesta non codificata: e allora perché diavolo vai a cercare un vino in valle d'aosta? Io mi cerco i datteri a capo nord.
Oggi sono in versione troppo antica per avere lo sprint di suggerire al cameriere che se i signori non gradiscono, lasci pure lo chardonnay Les Cretes sul mio tavolo..

giovedì 11 dicembre 2014

CLIENTI PARTICOLARI

Domenica ora pranzo. Il ristorante è pieno: bambini che schiamazzano, la nonnina che compie 90 anni, i signori in passeggiata col cane. Poi c'è Lui. Quel cliente che può renderti storta la giornata ancor prima che inizi il servizio.
"Senta ma ce l'avete il vino buono qui?" esordisce con fare vagamente altezzoso mentre mi avvicino al tavolo per lasciare i menu.
Bè dipende se lei sa riconoscerlo buono oppure no. 
Questo è quello che avrei voluto rispondergli, e invece mi esce un molto più composto: "abbiamo un Chianti Rufina semplice, dodici gradi e mezzo e bla bla..tuttavia se prima vuol dare un'occhiata alla carta dei vini.."
Prende la carta e la sfoglia con fare scocciato, sembra non trovare niente che gli piaccia (sempre che conosca anche una delle etichette che ci sono!!)
"e vabbé sentiamo questo vino della casa"
Guardi che può anche pasteggiare ad acqua e nessuno si offende. La solita vocina in testa. 
"Ma certo, le porto un bicchiere ad assaggiare così potrà decidere" rispondo molto più diplomatica; sorrido e spero che se lo versi tutto sul maglione celestino di Ralph Laureen
"allora Luciano com'è questo vino in caraffa?" chiosa la moglie, tintura rosso mogano con messa in piega del sabato mattina. Completa il quadretto familiare figlia con piercing al labbro vestita con eleganza contenuta stile Lady Gaga.
"eh mo' vediamo così facciamo contenta la signorina"
Ancora le voci: Guardi che se va al ristorante è lei che deve essere contento mica la sottoscritta signorina.
"Io sono contenta se voi siete soddisfatti" rispondo..e mi sto sul culo da sola. Basta Sabri con queste frasi del menga, educate e false come i soldi del Monopoli. 
Ordinano, mangiano, riordinano una mezza caraffa di sangiovese della casa e pian piano si ammorbidiscono. Dalla posizione a 90 gradi schiena eretta e chiappe strette si adagiano sulle seggioline impagliate della trattoria, fino a sbracarsi in posizioni che mi rendono anche difficile lo sbarazzare la tavola.
Credo fermamente nel potere calmante e conciliatorio del cibo. Ne ho spesso conferma.
"molto bene, penso che ci rivedremo presto signorina. Tenga pure il resto"
"La ringrazio". E non so se sono più soddisfatta o preoccupata all'idea di un loro ritorno!

martedì 2 dicembre 2014

SALAME D OCA E TIMORASSO CONTRO OGNI SVENTURA

La Marta mi ha convocata con il seguente ODG: "Luigi ultimamente è strano".
Vai ci siamo.. Mi premunisco e infilo in una busta un signor salame e una bottiglia di Timorasso di Claudio Mariotto: ho la cura per la mia amica.
Stasera ha invitato pure la Giovanna e non me ne spiego il motivo. Non che sia antipatica, solo che è moscia e non capisce le mie battute, quindi mi fa innervosire, tutto qui.
Frugo nel cassetto delle posate per trovare un coltello decente per tagliare il salamino che ho portato per l'occasione: salame d'oca friulano. Benedetta tu sia Jolanda de Colò.
Giovanna si alza per andare in bagno e non posso fare a meno di notare che il suo culo è lievitato da quando l'ho vista l'ultima volta. Peccato, perché ha un bel viso; magari se faccio un velato accenno si tratterrà dal lanciarsi sul salamino prezioso. Si, questa potrebbe essere una strategia proficua.
Ne approfitto per interrogare la Marta:  "non capisco perchè ti sia rivolta alla Giovanna cornuta pluridecorata, palchi al valore, con caduta e ricrescita stagionali"
"Sabri non vorrai mica che chieda  a te vero? Abbi pietà di me! Chiedere consigli in amore a te è come chiedere di moda al mago Galbusera!"
"I pattini erano fashion ai miei tempi"
"Quello era il tempo delle mele più o meno.."
Mi scopro a ridere di gusto delle mie sventure e me ne compiaccio parecchio.

Porto il tagliere col salame in tavola; ha un profumo struggente, sta lì e mi chiama, sa di fumo, a tratti ricorda lo zafferano e ammalia con quei grasselli bianchi candidi. Altro che La Jolanda furiosa, la signora Colò è la Jolanda felice, con la dispensa che si ritrova!
Sto lodando solo il salame senza rendere il merito dovuto al Derthona di Mariotto che sa il fatto suo.
Lo iodio e zafferano della carne affumicata di oca e l-unguento minerale che è quel vino mi infiammano la bocca, miracoli del gusto quando un vino bello e un salame mondiale si incontrano. Al diavolo Luigi, qui godiamo alla faccia delle sue stranezze.
Anche la Marta sembra apprezzare e si taglia delle fette spesse come ruote di trattore, mentre la Giovanna dai palchi ramificati, dispensa i suoi consigli palesemente inutili.
Frego un'ultima fettina di salame e saluto a bocca piena; le lascio ai loro discorsi di corna, bugie e se in amore meglio le affinità elettive o l'elogio degli opposti. Da queste conversazioni se ne esce sempre scassati.