sabato 27 dicembre 2014

BOLLICINE DAL SUSSEX

Nyetimber classic cuvée 2009

Il caro amico Bart, collega ristoratore mi omaggia di questo regalo. E' il mio primo approccio con un vino spumante del Regno Unito. Ne avevamo parlato qualche tempo fa, di quanto eravamo curiosi in proposito; ma era sera tardi, solo noi unici clienti rimasti al mio ristorante a lottare con le zanzare e a vagheggiare di ferie. Io quindi me ne ero debitamente scordata. Ma non il grande Bart. Ed eccolo con la bottiglia: quando si dice un dono di Natale pensato e ancor più prezioso perché condiviso.
E' buffo perchè mi dice semplicemente: ho portato da bere. Frase che lo cava dall'impiccio di un vocabolario ancora manchevole. Infatti se voglio bere italiano dico: ti va una bollicina? oppure Ho portato uno champagnino, se sono in vena di bere francese, ma se dico: ho portato un quality sparkling wine, suona strano. Ancora peggio se dico porto uno spumante inglese. Peccarità! anche nel lessico viene fuori quanto siamo impreparati a questi prodotti.
Ce lo stappiamo insieme quale augurio di superare indenni le festività, periodo da bollino rosso per noi ristoratori.
Stappa e assaggia poi mi porge il bicchiere:
sabri bevi e sorprenditi
mi sorprendo perché ci trovo tutto ciò che mi aspetto in uno champagne da manuale: lievito e pasticceria, burro, vaniglia e forte agrume, che tradotto insieme fa un molto calzante lemon curd, note di mela e accenni di marzapane. E' sapido e acido come poche bollicine finora incontrate. Una bollicina forse impetuosa in bocca, quasi un dispetto per chi osa col vino nel Sussex, terra di grandi birre dalla spuma fine e cremosa. E' buono questo champenglish ed è un dato indiscutibile. Forse il limite, se ce l'ha, è proprio questo suo essere come lo champagne da manuale: della serie "e sai cosa bevi". Ma si fa tanto per chiacchierare ovvio, ci siamo sorpresi e abbiamo gradito e l'abbiamo finito.

martedì 23 dicembre 2014

NATALE A CASA MIA REMIX

Ripropongo il classico post sul Natale a casa Somigli. Un remix del post dello scorso anno tanto il Natale è sempre lo stesso da che io ho memoria. Ecco la mia tavola per la cena del 25, perché a pranzo sono al fronte, tra bombe-bambino che esplodono urlanti ogni minuto perché vogliono scartare il regalo prima della fine del pranzo. Il servizio è uno slalom su un terreno minato, nello sforzo di non calpestare le cataste di regali e balocchi sparsi per terra. La sera finalmente festa col parentado a casa mia. E via a ripreparare una tavola..
E a casa mia non è Natale se sulla tavola imbandita per la cena non ci sono nell’ordine:
  • la soviet salad alias insalata russa, colei che rende dignità alle carote e alle patate lesse, grazie all’oscena sensualità di una maionese ben fatta. E non sottovalutate la capacità liberatoria di frustare la maionese, quale spurgo da stress prefestività..
  •  i tortellini in brodo, che fino all'anno scorso erano dei minuscoli cappelletti all'uso di Romagna ( (7° ricetta nel libro dell’Artusi) in brodo di cappone, perché come raccomanda il gastronomo “questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone, quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini”. Quest'anno per ragioni di tempo addio ai cappelletti grandi come una mentina, preparati sbadigliando la notte del 24 a fine servizio; largo a tortellini confezionati
  • i piselli surgelati cotti con la "carne secca" (rigatino): da sempre ci son stati nei Natali di cui conservo memoria e mia nonna  si raccomandava  che non fossero quei piselli novelli cicciuti e troppo dolci, ma i pisellini primavera, unico caso in cui sono da preferirsi i pisellini fini..
  • le confezioni di polistirolo con i datteri allineati e la forchettina di plastica bianca a forma di ballerina. Quando mi son recata per studio in Tunisia per apprendere le tecniche irrigue in condizioni di aridità, ho cercato disperatamente, nelle piantagioni di datteri, le signorine/ballerine con la gonna in paglia, ma ho trovato solo uomini in jeans che giravano tra le palme col motorino. Babbo Natale non è il solo che non esiste..
Un felice Natale a tutti voi!

mercoledì 17 dicembre 2014

PIATTI DEMODE' CHE HANNO UN PERCHE'

E' per puro caso che mi trovo a pranzare in questo ristorante del centro, decisamente vecchio stampo. Ve ne sono altri in Firenze e dintorni, e ciò che si considera superato o antiquato, rappresenta per questi esercizi uno dei punti di forza.
Ed è per puro caso che entro al ristorante che non è ancora mezzogiorno e mezzo. In genere solo gli anziani si presentano al ristorante tra le 12 e le 12,30. Oggi sono out pure con l'orario.

Ordino un antipasto di cannellini e bottarga, a seguire un merluzzo al cartoccio con pomodorini e timo. La fanciulla, che sarei io (d'accordo ho un po' esagerato), che apre le danze con un antipasto di fagioli e bottarga è donna di sostanza. Indiscutibile. E questo mi vado ripetendo da ore, praticamente da quando li ho ordinati. E la porzione è consona: sostanziosa per la donna di sostanza di cui sopra.
I fagioli cannellini sono serviti nella fondina di coccio marrone smaltato, quella che si trova praticamente in fondo alla vetrinetta di ogni famiglia, eredità di cui non ci si riesce a disfare. I fagioli sono decisamente duri e "buccini" ma la cucchiaiate da minestra di bottarga che il cameriere ci catapulta sopra in diretta, mi fanno dimenticare il cannellino semi crudo
"desidera del pepe?"
diamine che domande! e lui ci va di mulinello grande come un didgeridoo. Anche più piccolo funziona lo stesso, ma non ti si sviluppa il bicipite. Sono scelte.
Piatto in tutto e per tutto demodé, che ha il suo perché: perché ci sono ancora persone che non si saziano con le modiche quantità "moderne" e che godono col fagiolo lesso. Tuttavia meglio se non troppo crudo.
Ed ecco il merluzzo cotto nel cartoccio di alluminio. I miei amichetti del settore mi stroncherebbero subito con: "alluminio è anni settanta a bestia!. Ora sempre e comunque la cartaforno"
Alluminio demodé, ma al contatto con la "stagnola" il merluzzo ha fatto una crosticina interessante: o provaci con la carta forno se ti riesce!

in fondo mi sento un po a casa, anche il Maccherone per tanti aspetti è vintage!! Però è un po' meno caro di questo posto. 

Rivolgo uno sguardo alla sala che è quasi piena, incuriosita dal tipo di commensali.
Al tavolo a fianco, presumo gente facoltosa, visto che si fanno aprire un Masseto di cui non m'è dato sapere l'annata. Il cameriere lo scaraffa. Io vorrei che tutte le caraffe di cristallo del mondo esplodessero. Queste non sono pratiche demodé ma scelleré. Mettimi la bottiglia sul tavolo per favore a arieggiare il vino ci penso da me.
Le due zie con nipote, quadretto con pittura a olio e cera, che siedono alla mia destra, hanno ordinato un vino di Les Cretes. Sento il cameriere che dice loro "se non è di vostro gradimento lo cambiamo". Pare che lo vogliano più dolce, che sia troppo aspro per loro. Richiesta non codificata: e allora perché diavolo vai a cercare un vino in valle d'aosta? Io mi cerco i datteri a capo nord.
Oggi sono in versione troppo antica per avere lo sprint di suggerire al cameriere che se i signori non gradiscono, lasci pure lo chardonnay Les Cretes sul mio tavolo..

giovedì 11 dicembre 2014

CLIENTI PARTICOLARI

Domenica ora pranzo. Il ristorante è pieno: bambini che schiamazzano, la nonnina che compie 90 anni, i signori in passeggiata col cane. Poi c'è Lui. Quel cliente che può renderti storta la giornata ancor prima che inizi il servizio.
"Senta ma ce l'avete il vino buono qui?" esordisce con fare vagamente altezzoso mentre mi avvicino al tavolo per lasciare i menu.
Bè dipende se lei sa riconoscerlo buono oppure no. 
Questo è quello che avrei voluto rispondergli, e invece mi esce un molto più composto: "abbiamo un Chianti Rufina semplice, dodici gradi e mezzo e bla bla..tuttavia se prima vuol dare un'occhiata alla carta dei vini.."
Prende la carta e la sfoglia con fare scocciato, sembra non trovare niente che gli piaccia (sempre che conosca anche una delle etichette che ci sono!!)
"e vabbé sentiamo questo vino della casa"
Guardi che può anche pasteggiare ad acqua e nessuno si offende. La solita vocina in testa. 
"Ma certo, le porto un bicchiere ad assaggiare così potrà decidere" rispondo molto più diplomatica; sorrido e spero che se lo versi tutto sul maglione celestino di Ralph Laureen
"allora Luciano com'è questo vino in caraffa?" chiosa la moglie, tintura rosso mogano con messa in piega del sabato mattina. Completa il quadretto familiare figlia con piercing al labbro vestita con eleganza contenuta stile Lady Gaga.
"eh mo' vediamo così facciamo contenta la signorina"
Ancora le voci: Guardi che se va al ristorante è lei che deve essere contento mica la sottoscritta signorina.
"Io sono contenta se voi siete soddisfatti" rispondo..e mi sto sul culo da sola. Basta Sabri con queste frasi del menga, educate e false come i soldi del Monopoli. 
Ordinano, mangiano, riordinano una mezza caraffa di sangiovese della casa e pian piano si ammorbidiscono. Dalla posizione a 90 gradi schiena eretta e chiappe strette si adagiano sulle seggioline impagliate della trattoria, fino a sbracarsi in posizioni che mi rendono anche difficile lo sbarazzare la tavola.
Credo fermamente nel potere calmante e conciliatorio del cibo. Ne ho spesso conferma.
"molto bene, penso che ci rivedremo presto signorina. Tenga pure il resto"
"La ringrazio". E non so se sono più soddisfatta o preoccupata all'idea di un loro ritorno!

martedì 2 dicembre 2014

SALAME D OCA E TIMORASSO CONTRO OGNI SVENTURA

La Marta mi ha convocata con il seguente ODG: "Luigi ultimamente è strano".
Vai ci siamo.. Mi premunisco e infilo in una busta un signor salame e una bottiglia di Timorasso di Claudio Mariotto: ho la cura per la mia amica.
Stasera ha invitato pure la Giovanna e non me ne spiego il motivo. Non che sia antipatica, solo che è moscia e non capisce le mie battute, quindi mi fa innervosire, tutto qui.
Frugo nel cassetto delle posate per trovare un coltello decente per tagliare il salamino che ho portato per l'occasione: salame d'oca friulano. Benedetta tu sia Jolanda de Colò.
Giovanna si alza per andare in bagno e non posso fare a meno di notare che il suo culo è lievitato da quando l'ho vista l'ultima volta. Peccato, perché ha un bel viso; magari se faccio un velato accenno si tratterrà dal lanciarsi sul salamino prezioso. Si, questa potrebbe essere una strategia proficua.
Ne approfitto per interrogare la Marta:  "non capisco perchè ti sia rivolta alla Giovanna cornuta pluridecorata, palchi al valore, con caduta e ricrescita stagionali"
"Sabri non vorrai mica che chieda  a te vero? Abbi pietà di me! Chiedere consigli in amore a te è come chiedere di moda al mago Galbusera!"
"I pattini erano fashion ai miei tempi"
"Quello era il tempo delle mele più o meno.."
Mi scopro a ridere di gusto delle mie sventure e me ne compiaccio parecchio.

Porto il tagliere col salame in tavola; ha un profumo struggente, sta lì e mi chiama, sa di fumo, a tratti ricorda lo zafferano e ammalia con quei grasselli bianchi candidi. Altro che La Jolanda furiosa, la signora Colò è la Jolanda felice, con la dispensa che si ritrova!
Sto lodando solo il salame senza rendere il merito dovuto al Derthona di Mariotto che sa il fatto suo.
Lo iodio e zafferano della carne affumicata di oca e l-unguento minerale che è quel vino mi infiammano la bocca, miracoli del gusto quando un vino bello e un salame mondiale si incontrano. Al diavolo Luigi, qui godiamo alla faccia delle sue stranezze.
Anche la Marta sembra apprezzare e si taglia delle fette spesse come ruote di trattore, mentre la Giovanna dai palchi ramificati, dispensa i suoi consigli palesemente inutili.
Frego un'ultima fettina di salame e saluto a bocca piena; le lascio ai loro discorsi di corna, bugie e se in amore meglio le affinità elettive o l'elogio degli opposti. Da queste conversazioni se ne esce sempre scassati.


lunedì 24 novembre 2014

IL ROGNONE DI ENRICO PANERO




Rognoncino cotto nell'alloro foie gras mela annurca e puntarelle
presentato alla Biennale Enogastronomica
all'interno del Mercato dei Mestieri e dei Sapori


Tema del ciclo Chef a Confronto: le frattaglie

Enrico Panero, il giovane chef del Ristorante DaVinci ci propone il rognone in versione leggiadra, quasi poetica. Rognone rosa di bambino, sdraiato a fianco, ma non all'ombra, di una statua di foie gras, all'interno di un giardino all'italiana, verde di puntarelle all'acciuga e rosso di mela annurca.
Equilibrato e ben fatto, capace di donare grande piacere, a cucchiaiate sapientemente condotte da un capo all'altro del piatto.
C'è anche un po' di Barbara Corrado nel piatto, altro talento delle cucine del DaVinci.

Ristorante DaVinci Enrico Panero
Eataly Firenze
via Martelli 22
tel. 055 0153603






venerdì 21 novembre 2014

DISTILLATI SEMPRE

In principio furono i dolci sapientemente creati da Corrado Assenza ad accompagnare i distillati di Bonaventura Maschio. Era il lontano 2012, e ebbi la fortuna di assaggiare i frollini al polline e zafferano di Navelli con Prime Uve Oro e il biscotto alla mandorla di Noto e erbe aromatiche con Pratum. L'anno dopo è stato Moreno Cedroni a creare un menu ad arte realizzato con i distillati d'uva, poi l'acquavite ha incontrato le pizze gourmet di Simone Padoan al Vinitaly. Era l'anno scorso ed è stato un flash, giuro. Quest'anno nella grande bolgia del Salone del Gusto mi son persa le interpretazioni del progetto "Pasta Distillata" in collaborazione con Pastificio dei Campi, Gragnano, ma ho incontrato lui: il Cocktail Mediterraneo. Tra le cose più buone e originali assaggiate nella trasferta torinese.
il Cocktail Mediterraneo
Bonaventura Maschio e Pastificio dei Campi


Nel loro viaggio a ritroso che mira a sdoganare il distillato da triste ammazzacaffé a bevanda parte integrante dell'intero pasto, Anna e Andrea Maschio, belli e squisiti come sempre, ce l'hanno fatta.
Hanno portato Prime Uve e Prime Arance fino ad aperitivo, anzi ancora di più: le hanno elevate a fuoripasto perfetto.
Perché il cocktail mediterraneo è fresco, estivo e pomeridiano. Provato al 100%: io me lo sono sparato alle quattro del pomeriggio e poi sono andata a seguire una conferenza sulla sostenibilità alimentare in inglese e senza le cuffiette!!
Buono e dissetante, stuzzica e non affatica, succhiato con una cannuccia speciale: candele del Pastificio dei Campi. La classe non è acqua, ma acquavite.

Ecco la ricetta
3 cl Prime Uve Bianche
1 cl Prime Arance
2 cl spremuta di limone
cedrata Tassoni
10 foglie di basilico
ghiaccio
Candele del Pastificio dei Campi

mercoledì 5 novembre 2014

SOLE E VENTO



Quello con Sole e Vento è stato un incontro strano, di quelli che non ti aspetti e che capitano di lunedì, il giorno più sfigato, quando esci di casa con i calzettoni a cuoricini, pensando tanto chi vuoi che incontri?
Se ti va bene, ma davvero bene, incontri uno zibibbo pantesco vinificato secco, in compagnia d'un trenta per cento di Grillo siculo del trapanese. E con lo zibibbo-grillo Sole e Vento ti diverti. Il moscato alessandrino in versione secca è per me novità rivelatoria. E' lui, e si riconosce bene per gli agrumi, il fior d'arancio, la frutta candita: cedro come piovesse. E se l'acidità non è certo tagliente chissene, c'è tanto di quel sale del Mediterraneo..
E il Grillo? C'è pure lui, solo che arriva dopo il principe D'Alessandria, graziandoci con la sua tipica chiusura ammondorlata.
Del resto Marco De Bartoli, il “restauratore del Marsala”, non ha bisogno di presentazioni.
Il Sole e Vento 2013 nel quale mi son felicemente imbattuta è figlio dei figli del Signor Marco, i tre fratelli depositari dell'eredità del grande padre, che ha messo a nudo i mille volti del grillo.



La foto emblematica mostra bicchiere vuoto. Quando ho pensato bene di immortalare scena il vino l'avevo già seccato. Sul colore perciò fidatevi: brillava come un sole del tardo pomeriggio.

14 euro. Cosa mi ci compro io con 14 euro?

un buon smalto long lasting, forse un paio di collant glam per l'inverno, una pizza mediocre con birretta piccola alla spina, trangugiata in solitario prima di rientrare a casa col frigo vuoto. Poco altro. Questi son stati i 14 euro meglio investiti degli ultimi mesi.

giovedì 16 ottobre 2014

I MENU LOW COST PER "A CONTI FATTI"

L'oggetto della trasmissione "A conti Fatti"  Rai1 di venerdì scorso era: menu per 4 persone sotto i 10€. Non al ristorante, ovvio, ma in casa: qualche consiglio alle famiglie per pranzare o cenare spendendo meno di 10€, senza rinunciare al gusto.
Ecco i tre menu illustrati in trasmissione e realizzati per l'occasione:

couscous di verdure e timo
fuso di pollo al forno e patate alla salvia
castagnaccio versione classica
€ 9.20

pasta al pesto di cavolo nero e noci
polpettine di maiale al pomodoro e capperi
frollina di mele e rosmarino
€ 8.68

polenta col sugo finto
frittata alle cipolle
zabaione all'amaretto e pesca
€ 7.80

MOMENT OF GLORY

sabato 11 ottobre 2014

SEDANO DA EMOZIONE

E poi capita di imbattersi nei rocchini di sedano in umido. Il sedano è quello nostro di Montevarchi una varietà polposa e soprattutto senza fili, detto anche Costolino o sedano Marconi, Sbollentato e arrangiato in polpette, i rocchini, che andavano a fare da contorno al sugo del pollo del Valdarno in umido. In famiglia si narra che la zia Ughetta trapiantata dalla Val di Sieve a Loro Ciuffenna non rimpiangesse la terra natìa per via dei polletti allevati nell'aia e dell'olio di Reggello. Si narra anche che per andare a assaggiare il suo pollo coi rocchini, al mezzogiorno d'una domenica di aprile, il prete avesse recitato una messa, per così dire, con rito abbreviato.

Qui li ho trovati in una versione originale ma col sugo di fegatini di pollo in rosso. In una comoda confezione ermetica, realizzati ancora oggi come una volta, strofinando dolcemente una mano sull'altra.
La gioia. Entreranno nel menu della trattoria sull'ebbro colle.
Ecco perché amo il mio lavoro.

domenica 28 settembre 2014

IL VOUVRAY E' PER ME

-sei andata al bar a trovarlo?
-non è un bar..
-d'accordo all'enoteca-ribatto
-si, e mi ha dato da mangiare e da bere gratis!!
-però che generoso..-commenta ironica la Marta
-e mi ha pure baciata, lì davanti a tutti, ci credete?- prosegue l'Aurora con gli occhi che le brillano
-che lui ti dà delle belle sparecchiate, ormai lo sanno anche in Svizzera- è il mio commento decisamente sboccato
-sbaglio o era più di una settimana che non si faceva sentire?- si intromette la Marta
-mi ha detto che è stato molto occupato, poverino, mi sembrava sincero-
-certo, sincero come Clinton nel dire alla nazione "non ho fatto sesso con quella donna"-sbotto, mentre la Marta scoppia a ridere.
-senti, ma dimmi piuttosto, cosa ti ha dato da bere, solo da lì si può capire se ti prende per il culo o fa sul serio
L'Aurora ci mette un po' a rispondere, deve resettare il cervello e ricordare un vino che ha bevuto due giorni prima. Roba da guinness. Poi attacca:
-prima mi ha dato un vino che mi sembra si chiamasse Bianco o aveva nel nome una parola simile
-tipo un chianti bianco o forse vino da uve con mal bianco? La Marta è pure seria mentre spara queste minchiate
-ma non so, mi confondi con tutti questi nomi- fa l'Aurora perplessa -e poi mi ha versato un vuvré- aggiunge pavoneggiandosi
-un Vouvray?! -esclamo- accidenti originale il ragazzo! Chenin blanc, mica da tutti. Secco o muffato?
-in che senso? non mi pareva un vino vecchio, cioè lui mi ha spiegato che questi vini possono essere longevi, però la muffa non mi sembrava ci fosse o non so
-si d'accordo, eri già bella imbenzinata col vino e col neurone attivo solo dal bacino in giù..
Mi mostra la foto: si tratta di Domaine du Clos Naudin Sec, se non sbaglio (foto sfocata dall'ormone impazzito). Ho sentito parlare di questo vino, produzione biodinamica, roba interessante insomma.
-Aurora a quest'uomo gli garbi! -sentenzio in fiorentino puro.
Abbiamo fissato per martedì all'enoteca: lei appuntamento con l'astut..oste io col Vouvray.

giovedì 25 settembre 2014

VERDICCHIO PER GIOVE!

-scusa, ma quando dovrebbe passare?
-è già in transito nel leone da due mesi
-mhm sarà..magari è bloccato nel traffico del casello di Firenze Sud. E se invece fosse già passato e non me sono accorta?- lo dico seriamente preoccupata
-Sabri dai retta a me, non ti preoccupare, Giove è un pianeta lento
-Dare retta a te? l'ultima volta che ho dato retta a un dottore c'erano ancora le 5 lire..
-stronza
(..)
Il dottore mi spiega che in realtà Giove non è né lento né veloce, per questo è un pianeta border line, (il che spiega il passaggio e la sosta nel mio segno). Dice che è un pianeta benefico, il che si traduce in quanto donna in due sole possibilità di beneficio: o rimorchiare o dimagrire.
Per far dimagrire un ristoratore ci vuole Giove e tutto il resto del sistema solare, isole comprese per cui ciao. Sul rimorchiare stendiamo un velo pietoso.
-Giove è un pianeta fallito- insisto
-anche spazzare via il male può essere vista come un'azione benefica non trovi?
-tipo spazzare via uomini bradicefali che dopo anni di frequentazione a malapena riescono ad associare il mio nome ad un numero di telefono e a non attaccare le caccole al sedile della macchina?
-caspita il tuo è un caso davvero grave- commenta in tono serioso,- questo tuttavia si può spiegare col fatto che Giove è più che altro un pianeta amplificatore: potenzia le situazioni in cui ti trovi. Ecco si, è proprio così- commenta soddisfatto della sua interpretazione
-già, perciò se stai nella merda, te lo amplifica in dolby surround- concludo secca
Il dottore si alza di scatto e sparisce. Ma dove cavolo sta andando invece di aiutarmi?
Ritorna e poggia sulla fratina di legno una magnum di Verdicchio di Matelica Colle Stefano 2010.
-Omaggio del pianeta grande!
Anche Giove ha capito che sono allo stadio terminale del confortatemi con le magnum*..


Verdicchio bello come un giorno di sole, pieno e potente che a momenti mi vengono i lucciconi. Quando le cose vanno storte si diventa inesorabilmente più ricettivi e più sensibili, anche nei confronti di un bicchiere di vino. E mi è parso così buono che ancora ne conservo il ricordo del sapore.
E  tutte le volte che ci penso mi sento già un po' meglio.
Credo che dovrei spianargli la strada a questo Giove..

*ispirato a Confortatemi con le mele. Nuove avventure a tavola di Ruth Reichl, ed. Ponte alle Grazie

lunedì 15 settembre 2014

DOMENICA DI SETTEMBRE

Nel campo di olivi leggermente in pendenza la tavola è imbandita. C'è il buon vecchio crostino coi fegatini, ci sono i fichi verdini avvolti da uno scialle di salame, il pecorino burroso delle crete senesi e il vassoio ancora vuoto che attende la rosticciana e le salsicce da cuocere sull'altare della brace. Pane sciocco e una pentola di fagioli zolfini lessati con aglio e salvia, da condire con l'olio buono del Campino del Paiolo
Il cane gironzola tra gli alberi con la sua palla in bocca, poi si acquatta all'ombra del tavolo. Aspetta paziente  che cada qualcosa, sebbene le bocche agguerrite del dottore, di Gino e della miss BB non facciano ben sperare.
Il quadretto bucolico è a tratti interrotto dall'eterna lotta coi tafani, bestie immonde e di rara utilità, cui oggi si aggiungono eserciti di formiche ricciaculo, quelle col capo rosso che arricciano il didietro e mordono fetenti braccia e polpacci.
Arriva l'eco di qualche moccolo sussurrato contro la brace d'olivo ammollata dai temporali di questi giorni, che stenta a partire. Ci vorrà tutta la pazienza d'un poeta chiantigiano e tutto il grasso colante delle salsicce per animare quei carboni stentati.
Si leva nell'aria un fumo denso intriso di grasso di maiale e essenze d'olivo, che richiama l'attenzione di un gruppetto di turisti in visita al paese. Da dietro il muretto a secco rubano scatti di vita agreste che gli varranno più d'ogni souvenir del bel paese.
Se solo potessero immaginare quanto è buono il canaiolo di Gianluca dalla forte speziatura quasi piccante, con una bella fetta di pan pepato.

venerdì 12 settembre 2014

NON SOLO ACQUACOTTA

Curly è un personaggione di spicco in quel sottobosco urbano popolato di bocche goderecce e insaziabili. E' buffo e mi fa ridere, molte volte non lo capisco nei suoi ragionamenti, ma in sostanza gli voglio bene. Ogni tre per due gli viene in mente un'idea nuova, per la maggiore si tratta di idee strampalate, ma le enuncia con tale convinzione che mi viene da ascoltarlo anche senza capirlo.
In cucina però va lasciato stare. 
Così stasera sei libera, ma guarda.. - me lo dice con chiara espressione di presa per i fondelli - niente giretti tuoi? a settembre sei in riposo biologico?-
ride
-zzo ridi? - gli dico un po stizzita. -Fammi assaggiare quell'acquacotta e poi tu ridi meno. Dove l'hai presa la ricetta?
-on line 
-su quel sito color Crocus?
-no su quello mai, perché ogni 30 secondi parte una musichina o un annuncio, e io che di solito c'ho trenta pagine aperte sul computer, non la ritrovo nemmeno la finestra, e mi tocca sentire tutta la pappardella "oggi prepariamo insieme .."
-ma non ti conviene aprire un ricettario?
-c'è tutto on line icchè vo a comprare un libro di ricette?
-io non guardo mai la rete per le ricette. C'ho i miei profeti e leggo quelli. Tu apriresti internet per consultare un versetto della Bibbia?
-sei indietro bellina..
-mi stai descrivendo come una casalinga in pantofole e grembiule?
-ahaha! -ride- si, ma conoscendoti indosseresti solo quelli, ahaha!!!- e continua a ridere
-ehi Curly lo pensi davvero?
-no, ma suonava bene mentre lo dicevo
-ahahah- rido anche io figurandomi in quei panni, anzi senza!
L'acquacotta è buona, solo un po debole di sale. C'è tutto il profumo della cipolla, del sedano e del basilico, ed è legata al punto giusto dal pomodoro maturo. Non è per niente lente o acquosa, bravo Curly. Ci metto a diacere due fette di pane abbrustolito ma senza l'uovo sopra. Ha ragione Curly: a settembre c'è il riposo d'ogni appetito. Occorre completare con una generosa macinata di pepe.

venerdì 22 agosto 2014

BICICLETTE E BUGIE

L'Angelica è in gran forma stasera. abbronzata, tacchi alti. E' a dieta e non tocca alcol dall'inizio del mese, eccetto qualche rara eccezione come stasera. E quella Ribolla del Collio senza infamia e senza lode con cui abbiamo cenato sta sortendo il suo effetto. A fine cena usciti dal locale non ricorda dove ha lasciato la bici.
E' talmente brilla che sostiene che gliela hanno rubata, anzi che sono stati i vigili a portare via l'intera rastrelliera con la sua bici attaccata. Nel punto in cui dice di averla lasciata infatti non c'è ombra di portabiciclette di alcun genere.
Diciamo che ultimamente è piuttosto svanita; per esempio a cena ha ordinato del pollo convinta d'aver chiesto l'insalata di polpo. Poi ha pure questionato col cameriere perchè lei il pollo non lo mangia mai nemmeno a casa, figurati al ristorante. Gli amici testimoni solidali confermano che aveva ordinato proprio il pollo
-vabbè lo lasci pure, tanto sono a dieta!
E mentre stiamo a ragionare di bici e lucchetti una voce maschile
-ciao Angelica, che ci fai qui?
-mhm io veramente-arranca
-credevo avessi la febbre
-si infatti sono stata molto male e ancora non mi sento troppo bene, solo che loro (indicando noi poveri innocenti) hanno insistito e ho pensato che coprendomi bene..-e mostra un microscopico foulard con le frange argentate
-be in effetti non si sente molto bene- le viene in soccorso l'amico Primo- barcolla e ha le visioni, però la febbre mi pare eccessivo-esclama con aria sardonica 
L'angelica diventa paonazza e gli pianta una bella gomitata nel fianco.
Capiamo solo più tardi perchè l'Angelica se l'è presa cosi tanto.
Lei e tale Alessio si sono conosciuti la settimana prima durante una minicrociera in canoa a Bilancino, lui più esperto l'ha aiutata a scendere e salire su quella specie di barchetta di carta ecc ecc e poi le ha pagato da bere al Riva Sud. Quindi si sono salutati con la promessa di lei: ti chiamo nei prossimi giorni. Aspetta e spera. E lui ha aspettato, per una settimana intera, poi non avendo notizie le ha inviato un sms del tipo che fai? ci vediamo?
"Ho la febbre" è la prima scusa che Angelica ha partorito. E mentre lui se la immagina a letto col naso rosso, la camicia da notte di flanella e il termometro in bocca, lei si vive la movida insieme a noi in Santo Spirito.
Onestamente incontrarlo proprio nello stesso locale in tutta Firenze ha quel che di sculo cosmico,  la iella galattica che colpisce quelli che dicono una bugia ogni tanto per cavarsi dall'impiccio.
Angelica ha continuato a sostenere che è meglio dire "ho la febbre" piuttosto che "non sei il mio tipo". Anche a costo di fare una figura cacina. Io però non ne sono convinta.

martedì 19 agosto 2014

BICICLETTA DA BERE


Un paio di sere fa il mio trenino di pendolare del lavoro è partito verso casa con un lieve ritardo di un'ora e 5 minuti. Il treno fa ritardo sempre quando io ho un appuntamento. Arrivata in stazione è troppo tardi per salire con la macchina fino a casa a cambiarmi ed è troppo presto per presentarmi all'appuntamento. D'accordo opto per bere qualcosa che mi per rinfreschi.
Il baretto all'angolo vicino alla stazione è chiuso. Fortuna che c'è il circolino in ogni paesello della Val di Sieve, almeno quelli non vanno in ferie.
La sala del circolo è quasi deserta. Due anziani seduti a un tavolino discutono del tempo "diavolo" di questo agosto piovoso, mentre un terzo vecchietto munito di bastone è intento a scegliersi un gelato.
Dietro il bancone la barista, meglio detta barrista, asciuga dei bicchieri.
-buongiorno posso avere un campari soda?
-ci vuole anche un po' di vino bianco?
-si grazie!
-ecco a lei la sua bella bicicletta!- esclama entusiasta del beverone che mi porge.
-Grazie.
Scommetto che si chiama Mirella. Ce n'è sempre una in ogni circolo, fin dai tempi di Vernice Fresca, solo che allora versava il vov. Faccia bonaria ma sguardo furbo, di chi la sa lunga per aver tenuto testa per anni alle battute di giovani e meno giovani della profonda campagna. 
La bicicletta in fondo è buona da bere, e poi a 3 euro si può fare. In effetti il vino bianco ingentilisce il camparino, lo rende meno dolce al primo impatto e ne migliora la beva. Peccato che questo aperitivo sia bistrattato come una roba da vecchi. Secondo me il problema sta nel nome, "mi faccia una bicicletta grazie" è roba da vergognarsi a ordinarla. Occorre ribattezzare sto velocipede per venderlo.. provare con nomi tipo Alexander bike, Cubike Libre, Sex on the bike
Appoggio la bicicletta (da bere) sul tavolino e sfoglio il giornale. Leggere in solitario è ritenuta una cosa normale, leggere e sorseggiare un aperitivo in solitario è un altro paio di maniche. O passi per una povera iettata o per una alcolizzata. O comunque sia, non passi inosservata. Infatti: 
- signorina che lo legge lo sport?- il vecchietto col bastone e la coppola in pieno agosto mi guarda incuriosito, come fossi un animale scappato dallo zoo di Pistoia. Mi scopro imbarazzata col giornale aperto alla pagina dell'oroscopo: -ehm..-balbetto-no, no  prenda pure, io mi sto documentando sul futuro
- su i' domani e di' futuro che Dio mi lasci all'oscuro- ribatte lui quasi canticchiando questa verità assoluta. E si porta via l'inserto dello sport fischiettando il motivetto di Bellezze in bicicletta.

Secondo me aveva tutta l'aria di uno sfottò.

mercoledì 6 agosto 2014

PROGETTI DI CUCINA E DAIQUIRI








In quanto donna e ristoratrice la cucina è l'ambiente di casa più importante, il più vissuto. Sebbene, come più volte ho detto e scritto, mi capiti raramente di cucinare a casa quando il ristorante è chiuso, a me piace pensare di poterlo fare se mai un giorno ne avessi voglia. E mi piace pensare di essere attrezzata per un ovino affrittellato, o un riso bollito in caso di malattia, così come per un semplice croque en bouche o un'anatra alla pechinese.
Le dimensioni lillipuziane della mia casa mi obbligano ad una cucina da puffo che sia allo stesso tempo cucina appunto, soggiorno e anche un po' salotto. Il tutto dovrebbe teoricamente risultare accogliente e anche pratico.O mi rivolgo a Mary Poppins o trovo qualcuno con l'idea dello spazio molto creativa, capace di far entrare il culo della Lopez in un portagioie, insomma un architetto. In alternativa c'è sempre l'IKEA.
La fortuna vera sta nell'avere amici architetti. Architetti speciali che progettano a suon di Daiquiri: per l'esattezza Sangria Daiquiri, ricetta da loro stessi messa a punto che prevede l'utilizzo di pesca, zucchero di canna, vino rosso e rum bianco, il tutto frullato col minipimer. Geni.
L'amicizia si dimostra anche nell'accettare un compenso, erogato nel tempo sotto forma di bistecche e fritto. Altrimenti mi sarei rivolta agli impiegati dell'IKEA.
Con la scusa di una cena sull'aia porto le piantine della cucina per chiedere giusto due consigli tra una chiacchiera e l'altra. Non faccio in tempo a mostrare i miei fogli con le misure prese meticolosamente a mano, che mi hanno già arredato la stanza, tirato su pareti che non esistevano e mi han fatto pure sparire la scala a vista.
Provo a dire qualcosa ma nemmeno mi sentono: sono entrati in loop col frigorifero, o forse col Daiquiri. La loro idea dello spazio mi sconcerta: nella casa in miniatura ci inseriscono addirittura due divani da 3 posti e un tavolo da 8 persone. 
Poi la domanda: -da quanti pollici lo vuoi il televisore?
-perchè mi entra?- chiedo incredula
-questa zona è libera, si è creato un corridoio, assolutamente inaccettabile, dobbiamo riempirla.
-ma potrebbe servirmi che so, per aprire l'asse da stiro
si girano con aria di sdegno: -l'asse da stiro? ...sfigata!
Ammutolisco, mi ritiro dietro la caraffa del Sangria Daiquiri fingendo indifferenza.
Quindi riprendo di soppiatto uno dei fogli con le misure degli impianti e inizio a segnare puntini neri sulle pareti: "attacco per gelatiera"," presa elettrica per impianto sottovuoto", "abbattitore", "mensola per termosigillatrice". Infine barro la parola antibagno e sostituisco con la dicitura più appropriata: locale affumicatura.
Ce la faranno, sento che ce la faranno..

Grazie a Mira e Nik, superlativi e geniali

immagine dell'arch. G. Marchetti, tratta da www.awn.it

martedì 5 agosto 2014

CUCINARE CON LA MAMMA



Ci fu una grande battaglia di idee e alla fine non ci furono né vincitori né vinti, e neppure idee*.

Per me, preparare il pranzo della domenica a casa è un evento eccezionale. Capita si e no una volta all'anno, alcuni anni neanche quella volta. Dipende da quanto durano le ferie. Perché di solito la domenica il pranzo lo preparo per una cinquantina di persone al ristorante. L'idea di farlo a casa in quella domenica d'estate mi mette in ginocchio. Cosa preparo? 
Chiedo aiuto alla mamma che è sempre la mamma e per di più è cuoca.
In questo modo mi dipingo come la figlia d'arte stalentata, in realtà sono solo una diversamente interprete della cucina. Tradotto: una spina nel fianco per due osti della tradizione pura e dura, come i miei genitori.

Io son quella del togliere o del "mettine meno", mia madre è quella dell'aggiungere: -metti ancora un po' di sale, e vai giù con l'olio, aggiungi un pezzo di burro, e dai macinalo codesto pepe!- e ancora -senza parmigiano d'icchè sa?-
E' tutto un gioco di equilibri e battibecchi: 
-ma io voglio sentire il sapore della zucchina!
-ma la zucchina un sa di niente
-io lo voglio rosa quel fegato
e lei: -cuocili bene quei fegatini sennò sanno troppo di fegato-
Sulla cipolla soffritta poi non c'è punto di incontro: al burro ci aggiungo sempre dell'acqua affinchè appassisca ma non frigga, altrimenti mi torna a gola
E lei sbuffa inorridita. -codesta cipolla non è soffritta, glié lessa
e così via  su almeno altri duecentocinquanta ingredienti e preparazioni.
e naturalmente anche sul menu di questo benedetto pranzo domenicale.
-Se deve essere un pranzo della domenica devi partire dall'antipasto fino al dolce- afferma categorica. Dopo lunghe trattative riesco a spuntare due portate più il dolce. La frutta non si può assurgere al ruolo di dessert, su questo siamo d'accordo entrambe.
Sulla pasta non ho modo di trattare: -la pasta ci deve essere, sennò i' desinare risulta monco!- sostiene imperterrita. Cedo subito, perchè tirare la pasta mi piace, mi dà soddisfazione come fare il pane. Opto per una pasta di acqua e semola con salsa al pomodoro (è estate, mi pare calzante). Lei subito mi stronca: -sieee, tu inviti la gente per fargli la pasta al pomodoro? sta' bona vai..- assolutamente da preferire delle tagliatelle al ragù o meglio ancora dei ravioli
Carne: niente bocconcini o spezzatini, -la carne ci vuole a pezzo intero, deve essere un piatto importante-, commenta. Ciao ciao pollo al curry..(peccato, ho un curry che resuscita i morti, portato del lavapiatti indiano al ritorno dalla visita alla famiglia).
Insomma brancolo nel buio e ancora non s'è parlato del dolce.
*Stefano Benni, Elianto

martedì 29 luglio 2014

IL PIACERE DI UNO SPAGHETTO

Ceniamo dai Fratelli Briganti in piazza Giorgini. Quel posto s'è fermato agli anni Settanta e mi ricorda Il Maccherone prima dei lavori di ristrutturazione. Rivestimenti di plastica alle pareti, quadri dalle cornici dorate, anneriti dai fumi della cucina, la collezione dei calendari dei carabinieri appesa sopra la porta che conduce ai servizi. Cucina a vista, ma quella in cui si vedono due cuochi in carne tutti sudati che s'affaccendano a mescolare la pasta nei pentoloni e a scolare chili di verdure fritte. Niente divise col nome ricamato, solo una maglietta bianca, cuffietta di carta e grembiule con la griffe della lavanderia industriale che ritira la biancheria sporca. Più o meno la divisa di Aldino nella trattoria sull'ebbro colle. 
E' lunedì, fine luglio, il locale è strapieno, di fiorentini. Incredibile.
Tanto che io e la Marta dopo aver atteso un bel po ci accomodiamo al tavolo insieme ad altre due ragazze. Per avere un tavolo tutto per noi c'era da attendere ancora un po'.
Le ragazze intuiamo presto essere due giovani dottoresse di Careggi, che ciabattano allegramente di infermieri, di un tizio che s'è diviso dalla moglie, dei turni di notte che dovranno affrontare le settimane a venire e di quanto sia rompipalle il tal Primario del reparto di   BIP..
Io e la Marta non siamo da meno nel ciabattare, anzi diciamo che le abbiamo stracciate. Quando alla fine ci siamo alzate e le abbiamo salutate mi parevano un tantino imbarazzate..
In effetti il nostro disquisire durante la cena si è incentrato sull'ultimo colpaccio della Marta.
-Cosa? Stai scherzando? - grido io incredula -vuoi dire che il vecchietto..??
- si Sabri s'è rivelato una macchina, infaticabile
- non sarà che prima..??- insinuo io
- non ci giurerei, ma io non l'ho visto ingoiare nessuna mentina diciamo..e poi non è così anziano!
il cameriere ci interrompe per apparecchiare la tavola con dei calici di vetro a tulipano, spessi come lenti di occhiali. Veri e propri cimeli dell'arte della tavola d'un tempo che fu. Ordiniamo due spaghettini del Brigante, che sembra essere il piatto che va per la maggiore. Poi riprendiamo la conversazione, voglio sapere tutto nei dettagli, ovvio.
- Ha acceso una candela? ah che romantico..- esclamo io con una punta di invidia
Ma la candela non era esattamente per creare l'atmosfera, come mi spiega la Marta con dovizia di dettagli. Mi pare che le giovani dottoresse abbiano smesso di parlare, anzi sono certa che stanno ascoltando con grande interesse.
L'arrivo degli spaghetti ci coglie all'improvviso, il racconto della Marta non ha ancora raggiunto il climax. Gli spaghetti serviti in un piatto da pizza potrebbero sfamare tre muratori dopo una giornata a scaricare ballini di cemento. Non credo che li finirò, anche se detesto lasciare il cibo nel piatto. Nella loro semplicità di pasta con pomodorino fresco e parmigiano, sono molto invitanti, mi lascio sedurre da questa bomba di amidi a dal profumo del basilico.
Fa lo stesso anche la Marta e il racconto si interrompe. Io non faccio più domande, lei si concentra nell'arrotolare gli spaghettini. Il piacere della tavola sembra superare di gran lunga ogni altro piacere, anche quello di raccontare alle amiche di certe notti movimentate.


martedì 15 luglio 2014

QUESTIONE DI LINGUA

Mi sono iscritta a una degustazione di champagne, ma non ho voglia di andarci da sola. Così propongo alla Marta di accompagnarmi. So che le interessa il giusto, ma se offro io..
"Lo Champagne? Fico no?" e con queste parole di moderato entusiasmo accetta senza troppe storie.
Mentre aspettiamo l'inizio della lezione la vedo che spippola sul telefono: ha appena scaricato una nuova app con l'oroscopo.
Partono le slides della lezione con i vigneti di alcune famose maison
"e dai metti via quell'aggeggio!" le intimo
"aspetta aspetta, oh è incredibile!", chiude il cellulare e si mette addirittura a prendere appunti. La guardo senza capire poi lei mi fa cenno all'oroscopo "deve essere un segno, c'è scritto lì: cara amica del cancro la tua settimana sarà letteralmente spumeggiante. In amore un incontro a colpi di rose e champagne!".
E io che l'ho sempre sottovalutato Branko..
Il relatore è molto preparato, mediamente impastabile ma col francese c'ha fatto i cazzotti: non perde occasione per sottolineare che si scrive così ma si legge cosà (più o meno..).
"Perdonalo Padre perchè sa quel che dice, ma non ha idea di come pronunciarlo" sbotta la Marta, tesi di laurea sul cinema francese. (E io tutte le volte mi chiedo come si possa fare una tesi su cose tipo Nouvelle Vague e compagnia bella: fatico a trovare roba più pallosa del cinema francese. Punti di vista).

In effetti sentire parlare di champagne con quell'accento agghiacciante fa passare un po' la poesia
"ti vuoi specializzare sulla Francia? Cavolo almeno un po' di francese sallo!!" continua più acida di un pas dosé.
Si ammorbidisce alla svelta però. Già al secondo assaggio smorza i toni e si invaghisce definitivamente per il blanc de noirs di Eric Rodez . Che in effetti è proprio buono con quei ricordi di agrume fresco e pulito.
Ma quale fresco agrumato, lei si è appassionata alla bellezza di quelle due parole: bianco e nero. Due vocaboli opposti nel significato, e fusi insieme, intimamente a creare come un'unica parola: che si scrive separata ma si legge blandenuar (per usare le parole del relatore!). Separata o unita conserva ritmo, si articola attraverso consonanti labiali e dentali che generano movimento, quasi una musica.
"Prova a tradurla in italiano, sfiora il ridicolo non trovi?"
Questo è un altro esempio in cui la fortuna di un prodotto dipende anche dalla lingua. Ho detto anche..
"ecco perchè dobbiamo ricorrere a parole tipo saten per lanciare i nostri spumanti più pregiati"
"non esiste saten in francese!" mi corregge subito lei
Ironia della sorte questo vocabolo è sconosciuto alla lingua francese. Troviamo un saten nello spagnolo e perfino nel vocabolario inglese, ma in Francia manco l'ombra. E mi scappa un sorriso


lunedì 23 giugno 2014

QUESTIONE DI ACCENTI

Un accento sbagliato può cambiare l'intero senso di una frase, o peggio ancora può mandare in fumo un'intera serata.
Scambio di battute sul lavoro, un paio di telefonate, cosa fai cosa non fai, beviamo qualcosa insieme quando stacchi, insomma la formula classica. Simpatico, preparato sulla cucina, solo un po' troppo sensibile agli accenti.
"Quinòa? Hai detto quinòa?" ride incredulo strabuzzando gli occhi
"si hai presente quella specie di cereale.."
"certo, solo che si dice quìnoa"
"accidenti è così grave?" 
"no è solo che fa un tantino ignorante"
ehi amico vacci piano..e passo al contrattacco
"dimmi è ricciola o ricciòla? leccornia o leccornìa? topinàmbur o topinambùr?" 
le sa tutte accidenti, e ribatte: agar agar o agàr agàr?
maledetto! so come si usa chi se ne frega dell'accento..che naturalmente sbaglio.
"dai non te la prendere, non è colpa tua, se si è cresciuti a suon di canzoncine sulle tagliatelle di nonna Pina"
"ma cosa c'entra..aspetta non vorrai insinuare che.." ohi ma chi ti credi di essere? io non conosco gli accenti ma tu non conosci me caro pallino
e imitando le gesta di una vecchia amica, addento la cannuccia corta e aspiro una buona dose della mia granita al caffè, quindi punto la cannuccia in direzione di Mr stressandintonation e soffio con forza. La granita sparata dalla mia bocca attraverso la cannuccia cade sul tavolo e sulle sue belle mani di chef. Sono stata buona in fondo, avrei potuto puntare alla maglietta..
"Ehi ma che fai, che c'è?"
"tranquillo è solo un po' di caffè, accento sulla e. Accento grave."

Ho una certa età, e mi hanno insegnato che queste cose son da ragazzi, ma era da un pezzo che non mi divertivo così.
Io me la sono cavata schivando qualche cubetto di ghiaccio e la fettina di arancia del suo negroni, lanciati verso di me S.P.M.


lunedì 2 giugno 2014

C'ERA UNA VOLTA IL FUOCO IN CUCINA


Dopo un milione e mezzo di anni il fuoco viene congedato dalla cucina, spento pian piano, sotto una coperta di vetroceramica lucida e anti ustione. Un vero scacco per il fuoco che brucia. Addio fiammella blu metano, che facevi compagnia anche senza scoppiettare, bastava il tuo sibilo e il tuo ondeggiare tremolante a incantare lo sguardo come sotto ipnosi. Largo ai giovani, benvenuta induzione.
La scoperta del fuoco, o meglio come domarlo e usarlo, ha rappresentato una svolta nell'evoluzione umana, da cui il mito del fuoco, fino ad arrivare al fuoco sacro, quale elemento purificatore nelle religioni.
Ora con tutta la buona volontà, la scoperta delle piastre a induzione, per quanto lodevole e  promettente non ha esattamente lo stesso appeal.
E se il fuoco ha permesso di far luce nelle notti buie, lei no, la piastra è più scura delle tenebre più nere anche quando è accesa alla massima potenza e assorbe metà dell'energia della diga di Bilancino. Ma il piano cottura  a induzione è bello, ha il design raffinato e si mimetizza perfettamente nella cucina. Non si vede ma c'è, eccome se c'è: tu prova a accendere il phon mentre ti fai il tè sulla piastra o a fare una lavatrice mentre il minestrone sobbolle nell'esclusiva pentola adatta all'induzione.
e poi corri a riarmare il contatore della luce..
Ammetto che anche io nella nuova casa, nell'intento di realizzare una stanza che somigliasse più a un salotto che a una cucina, ho ceduto al fascino del piano cottura che sembra uno specchio con quattro cerchi solo disegnati. Pazienza vorrà dire che mi laverò i capelli lontano dai pasti.
Tra breve chi ancora possiede il fornello a gas, tipo la mia nonna nelle case del comune e la trattoria sull'ebbro colle, potrà dire agli amici: "venite a casa mia vi cucino gli spaghetti cotti sul fuoco". La rarità.  Simbolo della cucina d'una volta.
Succederà allora che la fiamma tornerà in auge come fonte di calore vintage, i vecchi forrnelli saranno oggetto di culto e di inestimabile valore. A dimostrazione che la storia di ripete, anche in cucina, tutti a scapicollarsi per acciuffare un qualunque fornello a gas, compresi quelli da campeggio.
e finalmente ci si potrà di nuovo accendere una sigaretta in cucina senza bestemmiare perchè non si trovano più i fiammiferi..






mercoledì 28 maggio 2014

FOOD LOVE AFFAIR


Giorgio è l'assistente del professore per cui lavora anche la Marta, e che lei punta da quando è arrivato. Picchia e mena sono andati a pranzo fuori e lei non ha mangiato niente, un po' per l'emozione un pò perché non le si gonfiasse la pancia. Seduti al baretto vicino alla facoltà, ha scoperto un Giorgio godereccio, molto amante della tavola, che alla fine si è tradito dicendole che detesta le donne da verdurina scondita. “Insipido mangiano, insipide sono”.
Lei per recuperare la figura cacina della boccuccia di rosa, gli ha detto per gioco -allora una di queste sere ceni da me!- e ridendo e scherzando eccotelo a cena stasera. A casa della Marta intendo. La Marta sta alla cucina come Heidi starebbe a New York, perciò mi chiama disperata: -Sabri ho combinato un casino!-. Sai che novità.
L'amicizia si misura in quanto sei felice se la tua amica rimorchia, e io e lei stiamo brindando dalle cinque del pomeriggio, mentre l'aiuto a preparare qualcosa di potabile per la cena. Quella con Giorgio.
Si è messa in testa di voler fare la quiche lorraine ai porcini. Che vabbè non sarà il massimo della sensualità, ma visto che era partita con l'idea di un bel vassoio di tartine, ne ha fatta di strada. Glisso sulla mia battuta truce e scontata sulle tartine e i cetriolini sottaceto.
Io e lei ne facciamo tante di cose insieme divertenti, ma cucinare è cosa rara. Ciò che mi  fa innervosire è quel suo operare in modalità raffazzonata, che invece lei chiama stilnovo in cucina: ovvero se non c'è quell'ingrediente ne metto un altro, levo quello e metto questo e così via. E difatti stasera:
- No tutto questo burro è troppo ne metto la metà-
-ma scusa, puoi cucinare un'altra cosa se non ti va il burro
-ma se ne metto un po' meno cosa vuoi che succeda?
-ma se la dose è quella! Se decidi di seguire una ricetta, seguila e basta. Se ti metti a cambiare gli ingredienti e poi ti viene male, cosa molto probabile, non saprai mai dove sta l'errore
- solo che mi sembra troppo questo burro..
Uffa, che faccia come vuole e se la impasti da sola la brisée a scartamento ridotto di burro.
Io intanto mi dedico ad appassire la cipolla (nel burro naturalmente). Cipolla e olio mai! tanto lei non se ne accorge mica.
Anzi le sta bene, visto che per la serata ha bandito l'aglio e mi sta costringendo a saltare i porcini  con la cipolla.
La ricetta finale è stata quiche con dentro funghi porcini a crudo e listarelle di speck, perchè l'affumicato ci sta sempre bene e fa chic. Sopra le fette di torta una cascata di porcini trifolati, pardon strufolati con la cipolla, ma poca.
A Giorgetto il verdetto..

martedì 13 maggio 2014

COLPA D'ALFREDO

Si sa, è colpa d'Alfredo, sempre. Alfredo è quello che si becca tutte le colpe che non ce la fanno a perire fanciulle. Le colpe altrui chiaramente.
Ma non si pensi ch'egli sia senza macchia. Pure lui ha la sua colpa, e non mi riferisco all'aver sciupato tutte le buone occasioni del giovane Vasco evidentemente imbranato con le ragazze. No, molto peggio. Sua è la responsabilità delle fettuccine, quelle famigerate fettuccine all'Alfredo simbolo del cibo italiano all'estero e a me così sconosciute. L'ultima conferma ieri sera, da parte di un turista di Boston e di uno tailandese che mi hanno chiesto dove in Firenze potevano assaggiare le vere tagliatelle all'Alfredo.
Eh! a sapello ve lo direi- ho pensato. E ho cercato di evitare la figura dell'ignorante e ciuca fingendomi straniera anch'io: spagnola.
Nella canzone di Vasco, Alfredo è un negrone trapiantato nel modenese che tutte le sere ne porta a casa una diversa, chissà che cosa gli racconta..si chiede ancora il Blasco. Può darsi che invece di parlare spacchi due uova in un paio di etti di farina e magari aggiunga un cucchiaio di olio, tiri una sfoglia emiliana fine al velo, massaggiata con la mano di quell'africano che non parla neanche bene l'italiano. E poi taglia al coltello due morbide tagliatelle lunghe e tenaci come nastri per legare mani e piedi, e da buon scapolo col frigo vuoto le salta con ciò che ha: burro e parmigiano delle vacche rosse e battezza il tutto col suo nome. Così si fa capire bene quando vuole..
E invece la googlata mi distrugge il film che c'ho in testa: Alfredo è un romano di Roma classe inizi 1900 proprietario di un ristorante in via della Scrofa. Niente negrone dalle fattezze leggendarie, piuttosto una faccia alla Totò, ma più antipatica, da uomo della capitale, baffetto folcloristico arricciato, che ride gaudente mostrando delle fettuccine. E in più mescola il parmigiano col pecorino romano, ma non lo dice.
Per me tagliatella batte fettuccina. Non c'è storia.

mercoledì 7 maggio 2014

ECCOPINO' 2014

Eccopinò è giunta al suo terzo anno. E io ci sono, per la terza volta. Non me li perdo i vignaioli dell'Appennino Toscano, proprio no. E poi c'è da dire che grazie a questa manifestazione si aprono le porte di palazzi e ville che altrimenti avrei difficilmente potuto visitare. Si, perché tra gli scopi dell'associazione, elencati nel manifesto dei viticoltori di pinot nero dell'appennino c'è anche quello di “creare le condizioni per realizzare un percorso turistico (artistico, culturale, storico, paesaggistico) ed enogastronomico attorno alle aziende”. Pertanto la rassegna viene organizzata una volta all'anno a rotazione nelle diverse valli montane in cui operano i viticoltori aderenti. Il debutto due anni fa a Borgo San Lorenzo, nella Villa Pecori Giraldi, poi ancora Mugello, perché è proprio in questo territorio che opera la maggioranza degli associati, ma è la volta di Scarperia, nel trecentesco Palazzo dei Vicari.
Quest'anno la manifestazione approda in Casentino nel Castello dei Conti Guidi di Poppi.
Il castello di Poppi l'avevo sempre e solo visto da fuori, per i miei frequenti aperitivi in Pratello, dal quale si gode la vista mozzafiato su tutta la vallata.  Alle spalle i monti del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, fino al Monte Penna, sui cui ripidi pendii di roccia nuda si arrocca il Santuario della Verna. Davanti la pianura fino a Bibbiena e oltre, tra Arezzo e Sansepolcro.
Ma i vini?
I vini mi piacciono, hanno una loro identità e un loro perchè di territorio e di intenti, e mi piacciono questi vignaioli che hanno dedicato il primo punto del loro manifesto associativo alla volontà di “migliorare la qualità dei rapporti umani, tra persone che condividono la stessa passione sotto il segno dell'amicizia, dell'impegno, dell'onestà e della convivialità.”
Bene, io vini di persone così li voglio, per questo nella mia carta c'è una pagina dedicata ai pinot nero dell'appennino toscano. L'ultima pagina, come a dire finale di carta in crescendo.
Alla domanda frequente:- ma li vendi?, -ma chi te li prende?- Rispondo che si, li vendo, non i numeri di un chianti rufina e nemmeno i numeri che fanno i vini di alcune zone toscane molto di moda. Numeri molto più modesti ma di grande soddisfazione. Ogni bottiglia stappata è un punto a favore di un essere vignaioli che mi piace. Chi me li prende? I curiosi e quelli che si fidano: -per il vino fai tu-.
Per tutti quelli pro vitigni autoctoni e che arricciano il naso all'idea di un pinot nero di Toscana, rispondo con le parole di Vincenzo Tommasi, presidente dell'associazione: -neanche il cipresso in Toscana è autoctono..-
Nella sala sono proiettate in successione immagini di filari sotto la neve, di vigne abbarbicate su pendii ripidi, di uomini in passamontagna che sorridono all'obiettivo, abbracciati alle mogli e vigneto alle spalle: come a dire vi presento la mia famiglia, è qui che abbiamo messo radici, nel vero senso della parola. Immagini senza musica e si scusano i vignaioli per la mancanza della colonna sonora, che, a detta loro, se ci fosse stata sarebbe stata affidata a Bob Dylan e Johnny Cash (hai detto nulla!) in Girl from the north country. Non sono certa del perchè di questa scelta musicale, mi vergognavo a chiederlo, per cui improvviso l'interpretazione: nord viticoli tutti i territori coinvolti, e fino a qui nulla di nuovo, ma che il pinot nero fosse una girl, mai l'ho pensato. Sarà mica perchè si dice sempre che è una vite difficile e capricciosa?

domenica 4 maggio 2014

ALTA CUCINA

Abbiamo optato per questo ristorantone perché ne abbiamo letto un gran bene (io) e perché lo chef sta sempre in tv (lei), e si è presa la fissa di vederlo in carne e ossa. Insomma ci siamo trovate d'accordo, ognuna per i motivi suoi.
Purtroppo lo chef non c'è..del resto se sta sempre in tv.. Peccato per la foto mancata, che l'Aurora avrebbe pubblicato per giorni sui social, ma io sono qui per mangiare e per questo non mi preoccupo. Mica siamo in una trattoria, tipo quella sull'ebbro colle, in cui se manca il cuoco si chiude, perché è proprio il cuoco colui che cucina. Questo è un altro mondo, quello in cui dello chef illuminato mangi l'idea, non il piatto finito. Cosa che a me va bene lo stesso, era solo per dire.
Ci metto un po' a decidere cosa prendere, poi alla fine scelgo e mi tuffo nella carta dei vini che pesa come un mattone. Se dovessi leggerla tutta, qui si fa anche merenda. Per cui vado dritta alla ricerca di un vino possibilmente buono e che costi meno dell'intero pasto. Sensibilmente meno. Scorro la Francia più veloce che in TGV e salto il resto del mondo che purtroppo non conosco gran che. Poi, dato che alla fine in Italia rimangono un paio di regioni, forse tre, dove si è quasi certi di pescare bene a prezzo ragionevole (vai col totovino), alla fine la consultazione della carta si rivela più veloce del previsto.
L'Aurora è ancora alle prese con il menu.
“ma quanto ci metti a scegliere? Il cameriere sta puntando dritto verso di noi!” sussurro
“questa mania di elencare tutti gli ingredienti..”
“cosa c'è che non va?”
“se per ogni piatto ci sono elencati come minimo 10 ingredienti, aumentano le probabilità che ci sia almeno un ingrediente che non mi piace e che quindi mi porta a scartarlo, il piatto”
in realtà io penso l'esatto contrario, però il punto di vista dell'Aurora è ragionevole.
Alla fine opta per il rombo, perché in mezzo a tutti quegli ingredienti le ricorda qualcosa di familiare. Chissà, forse un pesce a forma di quadrilatero dai lati congruenti..
“ma scusa prima ti scrivono rombo, poi che annega in un guazzetto di acqua di mare delle Fiji, coperto con fette di durian pietrificato, aria di cappero delle Falkland e polvere di macaco mummificato..alla fine manco so più cosa ho scelto”
“e parla piano!!” grido stizzita
“poi mi sono detta: vai prendine uno di questi pesci, tanto quando te lo serviranno camuffato, destrutturato, nascosto in quel bosco di ingredienti, non sarai in grado di riconoscere, per lo meno alla vista, se si tratta di un rombo o di un nasello, per cui..”
“dai l'acqua delle Fiji è trasparente forse lo distinguiamo uno squalo da un'acciuga!”, rido, ma l'Aurora ha di nuovo centrato il punto.
"io trovo bello scoprire un cibo in una forma diversa, alla quale non avrei mai pensato, neanche nei sogni, combinato con ingredienti che spesso non ho mai assaggiato prima"
"questo è vero, diciamo che manca quella sensazione confortante che si prova nel vedere che so, una zuppa  o un qualcosa di familiare e che ti fa pensare: ah eccolo! e col mio contratto cocopro è impossibile familiarizzare con la millefoglie di rombo o con le finte meatballs".
In Verdicchio veritas..avevo scelto le Marche belle. 

martedì 22 aprile 2014

CLIENTE ESIGENTE

Il cliente di Roma, venuto fin quassù per mangiare la fiorentina, vuole un vino che non sia secco, esattamente vuole un vino fruttuoso.
Si dà il caso che la mia carta sia priva di vini fruttuosi per cui cerco di pescare tra i maremmani il vino più fruttato e morbido di cui dispongo. Ma la mia scelta non soddisfa il cliente: all'assaggio, questo vino è ancora troppo secco per i suoi gusti.
Non cerco nemmeno di spiegare il perchè di certi vini o di certe scelta in carta, mi fa proprio fatica sprecare parole e me ne resto zitta abbozzando un sorriso ebete.
Per fortuna il cliente decide di tenere la bottiglia che gli ho proposto e mi tolgo dall'impiccio.
Per poco però, fin quando il vino finisce e me ne chiede un altro, che sia ancora più dolce.
Sono nei guai perchè di più dolce ho solo il vin santo.
Qualunque cosa io stappi sicuramente non gli piacerà, per cui oso. Oso con un vino che piacerebbe a me con la bistecca, che è molto fruttuoso si, ma di spremuta d'agrume (uh che esagerata!) e non certo di confettura di more. Sangiovese quasi di montagna, acidità e beva, Castellina in Chianti. La Rufina era una scelta troppo scontata..
Chiaro che neanche questo lo soddisfa, ma a detta sua e con grande sorpresa mia, questo vino è più vicino a quello che lui ha in mente.
-Ma dai? Se questo vino di morbido c'ha solo il sughero-, questo penso ma non glielo dico, ovvio.
E comunque il cliente ha sempre ragione, l'importante è capire e accontentarlo. Anche se in questo caso, o io o lui, non c'abbiamo capito una mazza.

venerdì 18 aprile 2014

PIACERE INASPETTATO




Prendi uno Chablis semplice, ma non troppo, assolutamente gradevole, nel pieno della sua beva e soprattutto prendilo (bene) a 20€. Poi per caso e per fortuna prendi una Robiola di Roccaverano, quella di Agri Langa in questo caso, fresca e burrosa, acidula, sapida e dagli spiccati aromi di yogurt, erba e fagiolini. Assaporali insieme e, lontano da ogni aspettativa, godi. Il piacere inaspettato è di gran lunga il più potente, per cui fattene un'altra fetta e ripeti l'operazione.
Piacere alla modica cifra di 24€ complessivi.

lunedì 24 marzo 2014

MA COSA E' UN RISTORANTE TURISTICO?

"Si dice ristorante turistico il luogo in cui mangi male e per definizione ti tirano le cannate al momento del conto". Si dice.
ok può darsi che sia così, ma se da fiorentino non ci sono mai entrato in un locale del genere, come faccio a dirlo? e soprattutto da cosa si capisce restando all'esterno che quello è un locale acchiappaturisti?Sicuramente l'ubicazione. Se sei in pieno centro, e né tu, né i tuoi amici avete mai sentito parlare di quel posto e neppure quella manciata di giornalisti del settore ne ha mai scritto una riga, beh un'ideuccia da fiorentino te la fai alla svelta.
L'altra cosa è il menu: di regola è esposto fuori, quindi si può leggere prima di entrare. Se il menu comprende tutti i classici della cucina italiana da Aosta a Canicattì e coesistono per tutto l'anno le lasagne col prosciutto e melone, le fragole col maraschino a febbraio, i ravioli in salsa di noci, il ragù alla bolognese e la vera pizza napoletana col il risotto alla milanese e via giù manco fosse l'indice dell'Artusi, beh da fiorentino rodato un pensierino al menu turistico è quasi d'obbligo
Una cosa alla quale però non avevo mai pensato è l'arredamento. Fino a un paio di settimane fa.. Ovvero fino a che non ci ho messo piede dentro.
Viuzze del centro, menu iperbolico regolarmente esposto. Entro. Il gioco della serata è fare la turista nella mia città.
Il locale è arredato a metà tra la casa di Hansel e Gretel, il ventre della balena di Pinocchio e un negozio di cianfrusaglie d’antiquariato. Non manca proprio niente: ci sono tutti i cliché italiani. C’è il vicolo di Napoli coi panni stesi, le collane di agli e peperoncini, i burattini di legno stile collodi. Ci sono perfino i camerieri in maglietta a righe bianche e rosse con il berretto da gondoliere. L'Italia in miniatura tarocca a bestia.
Dal soffitto pende una moltitudine di lampadari di ogni genere e gusto. Completano gli arredi kitsch rigogliose piante di plastica con fiori finti dai colori sgargianti che ricordano le bouganville delle città di mare del sud
Una cosa sulla quale non avevo mai riflettuto è che, l’effetto della presenza di molti oggetti kitsch in uno stesso luogo, non è una somma degli stessi con risultato kitchissimo. Al contrario la presenza del multikitsch ha l’effetto di annullo, più cose pacchiane messe insieme abbattano il cattivo gusto generale dell'ambiente, che alla fine risulta accettabile. Perfino simpatico.
Mi chiedo: c'è veramente bisogno di tutto questo per colpire l'immaginario del turista? Forse si; di sicuro è quello che pensano gli irlandesi che entrano in un irish pub italiano, pieno di fronzoli e simboli tarocchi della patria di san patrizio. Ma a noi piace, lo vogliamo così, finto, e tappezzato di shamrock
Mi siedo su una poltroncina di legno e velluto, corredata di braccioli imbottiti. Purtroppo avverto subito che una molla del cuscino è partita, il che mi rende la seduta un po scomoda per tutta la sera. Non dico niente però, non voglio passare per la principessa sul pisello. Per cui ogni tanto cambio posizione, il più del tempo sto seduta in punta di sedia, nemmeno fossi in preda a un attacco di emorroidi.
E' la giusta punizione mi dico.
Poi in verità la cena non è stata così terribile e il conto ragionevole. Il che contraddice il postulato iniziale.



mercoledì 19 febbraio 2014

VINI: NASCETTA CHI ERA COSTEI?


Ci sono vini di cui ignoro l'esistenza, altri di cui la ignoravo fino a ieri. Poi arriva un amico che attraversa la grande pianura, valica l'Appennino per farsi una fiorentina, la bistecca intendo, sale sull'ebbro colle e mi omaggia di un cartone di vini vari della sua regione.
È un bel toso veneto il mio amico..
et voilà mi parte il sorrisino di sufficienza da bevitrice di vino dell'ultima ora, snob come non mai, al pensiero di quei vini veneti. E già mi sto sul culo da sola. Astenersi da commenti.
In realtà sono vini particolari ottenuti da uve a me sconosciute, e tac, l'antipatico atteggiamento di sufficienza scompare, spazzato via da un sorriso grande quanto l'arcata dentale. A volte so essere proprio stronza.
Il primo cui tocca il sacrificio è una nascetta, SE 2012 di Poderi Cellario.
Cerco notizie on line su uva nascetta e mi viene in soccorso Andrea Scanzi. Ci vorrebbe uno Scanzi in ogni famiglia, solo quello che parla di vino però, che dalla politica mi voglio disintossicare. M'ha fatto più male al fegato quella che tutti i Southern Comfort bevuti in giovane età. Perchè il Southern? Il primo approccio col distillato ha da essere dolce..
Leggo di vitigno autoctono langarolo, semiaromatico, nativo del Comune di Novello. Uva che grazie all’impegno ed alla dedizione di alcuni produttori, è stata riscoperta e con sforzo è riuscita ad ottenere il riconoscimento a DOC Langhe Nascetta.
Avverto un brivido all'idea del mio palato vergine al gusto della nascetta. Tutto questo mi provoca un forte piacere, quasi una vertigine. E alla fine il pensiero mi fa palpitare più del gusto del vino in se stesso. Perché in sostanza, se mi è permesso dirlo “questo vino non mi è piaciuto”. Avrei potuto anche utilizzare l'espressione più fashion “questo vino non è nelle mie corde”, ma alla fine sta a significare né più né meno: non mi piace. Anche se mi piace molto il progetto, e in genere, lo sforzo che certi produttori compiono per il recupero di vitigni che rischiano di sparire.
Più o meno la stessa cosa che mi è successa col Pugnitello toscano. Bello tutto ma questione di feeling ..e io non ne ho.
Eppure c'è chi paragona la nascetta  ai grandi vini del Reno per longevità. Tra il Reno e SE 2012 c'è di mezzo l'acidità, che nel bicchiere scarseggia, per cui mi è risultato un vino un po' stancante.
Mi riservo di assaggiare ancora le nascetta di Rivetto e di Elvio Cogno, tanto lodate da Ziliani per misurare le mie impressioni.
 

giovedì 6 febbraio 2014

LA CENA PER FARLI CONOSCERE

Ho invitato Luca a cena. Viene con un suo amico: tale Mauro. C’è quella categoria di uomini che se non vanno in coppia come i buoi non avanzano di un metro. Luca appunto. E l’Aurora s’è presa una cotta da quindicenne per lui. Da un po’ di tempo a questa parte gli piacciono gli uomini in carne, quelli col girovita a forte inurbamento adiposo. Fermo restando che panza fa rima con sostanza, da qui a innamorarsi del primo gabibbo che si incontra all’edicola c’è una bella differenza.
Io mi son presa la briga de La cena per farli conoscere, insomma faccio la Pupi, anzi la Pupa della situazione. Ma io sto Luca e compare mica li conosco, cioè i loro gusti a tavola intendo. E che ne so io.. e se fossero crudisti?
No scartato, la pancetta canta un’altra melodia.
E se c’ho a casa l’ospite ignoto è chiaro che mi butto sui grandi classici da famiglia: la pasta, che gode del valore aggiunto “m’ha fatto a mano la Pupa”  condita col pomodoro appena saltato, l’origano lucano (regalatomi a mo’ di dote dalla suocera) e il cacioricotta.
E poi la ciccia, possibilmente una col sugo, tipo lo spezzatino, male che vada possono mangiare le patate. Infine il vino: questa è una di quelle serate in cui è vietato fare gli stucchi e il vino lo si lascia portare agli ospiti. E si salvi chi può.
Ora, la mia dipendenza da fornelli mi spinge tutte le volte a parlare di mangiare e bere anche quando le intenzioni iniziali erano tutt’altre. Lo giuro, io volevo parlare dell’Aurora..
O meglio di noi donne che in particolari situazioni agiamo nel modo esattamente opposto a quello che realmente vorremmo. Durante tutta la cena l’Aurora ha avuto attenzioni più per l’amico che per il povero Luca, di cui dice di essersi invaghita sul serio. Tipico: quando c’è qualcuno che ci interessa sul serio recitiamo la parte delle disinteressate e finiamo con l’ignorarlo. È come se ci aspettassimo che il soggetto in questione capisse al volo ciò che noi stiamo oltremodo tentando di nascondere. Dimenticando così l’aspetto fondamentale, che il soggetto è maschio. E di regola non capisce una mazza neanche se gli fai lo spelling figuriamoci se usi atteggiamenti metaforici.  
Chissà come andrà a finire con un inizio così da supercazzola con doppio avvitamento sul nulla.

La cena finisce invece col tiramisù preparato dall’Aurora, sue proprie mani. Dimenticavo, questa è una di quelle sere in cui anche il dolce lo si lascia portare agli ospiti. E di nuovo si salvi chi può. Ma col tiramisù è più difficile.