lunedì 29 luglio 2013

LA PIZZA DI GIOVANNI

Può sembrare strano che un ristoratore si prenda la briga di scrivere, e bene, di un altro ristoratore. In realtà è proprio perché faccio questo lavoro e conosco, scusate l’espressione, i cazzi e mazzi di questa professione, quando incontro un ristoratore bravo, vale a dire serio e competente c’ho voglia di raccontarlo. E Giovanni Santarpia è uno di questi. Non solo, è anche pizzaiolo di fine intelletto perché il lunedì sta aperto. Vivaddio.
La cosa può sembrare di poco conto per voi beate genti, ma per noi della categoria, in maggioranza con turno di riposo a inizio settimana, trovare anche una pizzeria decente che sia aperta il lunedì è cosa molto complicata. Ma Giovanni c’è, con la sua pizza che io considero la migliore nel raggio dei chilometri ragionevolmente percorribili per una buona pizza. Si calcoli che da Pontassieve a San Donato tra andare e tornare son quasi 100 km. Ma la sosta a Palazzo Pretorio li vale tutti.
La pizza di Giovanni è di quelle ad "alta digeribilità", è talmente leggera che con gli amici abbiamo ufficialmente deliberato che “a noi la pizza di Giovanni (ci) fa pure dimagrire!”. È buona perché è soffice dentro e croccante fuori, due caratteristiche che conserva per tutto il tempo in cui giace nel piatto: non come quelle pizze che al terzo spicchio o son granito o rimbalzano.
Io che appartengo alla categoria di coloro per cui la pizza ha da essere col pomodoro, ammetto che a Palazzo Pretorio ci sono almeno un paio di pizze bianche da bacio accademico.


La Napoli di Giovanni

Per coloro i quali vige ancora il pizza & birra ce n'è per tutti i gusti, per tutti gli altri c’è una carta dei vini piuttosto ampia in cui cercare. Perché con la pizza del Santarpia si beve a tavola e non durante la notte. Iamme ià!

venerdì 26 luglio 2013

UNGHIE LACCATE E CACCIAVITI


Pare che anche le attrezzature del ristorante avvertano lo scorrere delle stagioni. In estate credo che anch’esse siano pervase da un irrefrenabile voglia di vacanza, che si manifesta sempre più potente e incontrollata a partire dal giovedì e raggiunge il suo picco massimo al venerdì pomeriggio.
È naturale che i frigoriferi, essendo chiamati a lavorare più del solito manifestino insofferenze continue, svenimenti, caldane, che rendono il frigorista la merce più ambita dal ristoratore da giugno a settembre. L’uomo del freddo è il più desiderato, il più cercato e si concede come un divo in passerella, sostituisce la ventola, fa un’iniezione di freon, torna il fresco e ti ghiaccia il sorriso con la parcella.
Questa settimana oltre al consueto disturbino da frigo ho osservato cedimenti alla lavastoviglie e perfino allo sportello del forno, rispettivamente giovedì e venerdì.

Consapevole che la chiamata al tecnico costa più d’una conversazione al 144, (sono circa 40 euro di scatto alla risposta, più il coefficiente correttivo della riparazione effettuata il sabato), mi son decisa a metter mano alla cassetta degli attrezzi. E con una certa soddisfazione ho constatato che mani fini di donna, precise e ordinate arrivano in punti in cui solo mani esperte di anni di riparazioni riescono ad arrivare. Ho scoperto le virtù del silicone non in forma di protesi ma in tubetto, e che l’acetone che normalmente uso per le unghie serve a sciogliere le sbavature del silicone su piastrelle e altri materiali. Ok, m’ha sciolto pure lo smalto rosa pallido, colore tristemente imposto per mani che operano in pubblico esercizio e ha diffuso un odore di salone di bellezza un po' in tutta la cucina. Quasi a rimarcare quella faccenda degli chef che si sentono primedonne; ma nel mio caso niente di più lontano da tutto ciò.. 

venerdì 12 luglio 2013

IL FAT TALK E’ DAVVERO UNA MALATTIA?

Pomeriggio, divano, due amiche, conversazione tra donne.
-la vuoi una birretta fresca?
-no per carità mi fa gonfiare la pancia, che come vedi non ha bisogno di gonfiarsi ancora..
-ma fammi il favore..e poi un lieve gonfiore da MOA quale conseguenza di forte piacere palatale è cosa tollerabile per me..
-accidenti Sabri, ma ti manca proprio del tutto il cromosoma X, non può non importarti della triade celeste: pancia, tette e Q
-non è che non me ne curo, è che ho altre preoccupazione diciamo..
Guardo la mia amica, è quella del cuore e mi fa tenerezza la sua espressione contrariata. È alta e lievemente in carne, quella rotondità appena abbozzata che rende una donna verace, bella. Mai mi verrebbe in mente di suggerirle una dieta, non ne ha bisogno, e lo penso davvero. Lei invece sta in fissa con le diete e le calorie e non perde occasione per incriminare i suoi fianchi appena prominenti e l’accenno di pancetta che vede solo lei.
Scartabellando D di Repubblica della scorsa settimana mi sono imbattuta in un articolo sul Fat talk:  “conversazioni ossessive e sempre uguali tra amiche o donne in genere, sul proprio corpo..” e sul suo bello straterello di grasso. Conversazioni del tipo: “guarda come sono grassa, oh mio Dio ho mangiato tantissimo!”; “no ma che dici tu sei uno stecchino, io invece..”
L’articolo prosegue: “un botta e risposta immutabile, un minuetto rigoroso che si ripete in fotocopia al di là dei paesi, lingue, età, grado di istruzione (..). In America lo chiamano fat talk, e pare praticarlo il 93% delle universitarie: è un allarme sociale, anticamera e sintomo dei disturbi dell’alimentazione”.
-lo sai che secondo un articolo tu saresti ammalata di fat talking? E io che ti sto ad ascoltare mentre ti lagni del grasso che non hai sono un soggetto fortemente a rischio..
-chi tu? mhm..
-anzi ad essere precisi tu saresti una Serial Dieter: per la precisione colei che esce da una dieta per iniziarne subito un’altra. E naturalmente senza perdere un etto
-una serial cosa? Ommadonna così mi metti paura e poi lo sai che le mie diete sono sempre all’acqua di rose, insomma cerco solo di stare un po’ attenta. A proposito la settimana scorsa ho iniziato quella nuova dieta, la Zona di Barry Sears
-capisco, nel senso che se in zona c’è una buona pasticceria, la tua dieta si adegua?
-più o meno..lo vedi che non sono malata?
-la vuoi una fetta di Tatin alle pesche?
-no non posso..ok ma una fetta piccola..ecco l’ho spolverata, ma c’era tanto burro?
-no tranquilla, solo tre etti nella brisée
-e chissà quanto zucchero!
-eddai non tanto
-si ma poi..
-ma figurati..
-è tutto grasso che incamero.
-smettila
(..)

-malattia?  

lunedì 8 luglio 2013

SONDAGGI ESTIVI E CONSIDERAZIONI CULINARIE

Sto guidando la macchina e in radio passano i risultati di uno di quegli originalissimi sondaggi estivi sugli italiani e il sesso. Tema: le regione in cui si pratica di più. Mi son sintonizzata in ritardo per cui ho perso la terzina delle regioni più attive, in compenso sono riuscita a sentire le regioni in cui si batte più la fiacca, vale a dire Veneto, Lombardia e Toscana. Al di là della notizia in sé di cui nessuno di noi poteva fare a meno, certamente più interessanti sono le considerazioni culinarie che se ne possono fare. La prima mi viene gentilmente fornita da un’ascoltatrice in diretta, che in qualità di veneta afferma senza mezzi termini che i veneti preferiscono di gran lunga la polenta alla patata e questo potrebbe spiegare l’esito del sondaggio.
Pare che per i toscani l’appetito sia di un solo tipo e si presenti regolarmente tre volte al giorno a orario pasti; per l’uomo toscano la donna ha un solo nome: mamma e indossa il grembiule e, per Lui le fiorentine son solo di femmine quadrupedi..
I lombardi che per anni si son vantati di certe durezze, si giustificano (sempre secondo il sondaggio) con la scusa del troppo lavoro, ma in realtà si dimostrano i meno attivi quando il gioco si fa duro..
Vien da pensare che le donne lombarde ormai ragionino solo di osei, che l’ultima durezza apprezzata sia stata una stecca di torrone e, con grosso rammarico, si lamentino che i milanesi c’han solo il Pirellone..
La febbre da sondaggio incalza e lo speaker ne cita altri, tra cui quello effettuato da un team americano, dal quale emerge essere la cucina il luogo prediletto dagli italiani per gli incontri piccanti. Per  i toscani, lombardi e veneti incontri al buio con peposo, Nduja e affini verrebbe da pensare..


venerdì 5 luglio 2013

DIPINGERE COL VINO: MAURIZIA GENTILI

Ci siamo conosciute al Vinitaly (e dove se non là), esattamente allo stand dei colli piacentini.
Lei dipingeva e io bevevo ortrugo spumantizzato ingozzandomi di culatello e coppa e la guardavo mentre imprimeva pennellate lente e precise di un viola quasi blu.
Dipingeva foglie col Gutturnio, lo stesso vino col quale iniziò nel 2006 la sua avventura dei Vinarelli.
Si perché Maurizia il vino mica se lo beve come fan tutti.., Lei ci dipinge. E dopo, solo dopo lo assaggia. Non posso fare a meno di domandarle se davanti a un grande vino prevale in lei la voglia di “seccarlo” o di essiccarlo su tela: “Le due cose vanno di pari passo, la curiosità del sapore e la curiosità del colore”. Ecco perché non diventerò mai un’artista: il talento non è la sola cosa che mi manca..anche se vuoi mettere il fascino di esporre un dipinto con pennellate di cabernet e dire agli amici: questo è Chateau Margaux dell'82..


Oltre 200 le tipologie di vino che ha provato fino ad oggi, arrivando ad usarne fino a 30 per uno stesso dipinto. Ha una vera e propria passione per il Gutturnio, il Lambrusco, il Teroldego e l’Amarone: in qualità di toscanaccia mi sorprendo e abbozzo un sorrisino sarcastico sul fatto che non c’è traccia di sangiovese nell’olimpo dei vini più quotati per i Vinarelli.
Per dipingere usa vino concentrato il che mi ha valso il domandone da 100 punti: “per concentrarlo usi il rotavapor?”
“Ma figurati! In inverno uso il termosifone e d’estate il sole: espongo il vino ai suoi raggi e lascio a lui il compito di concentrarlo..è bello pensare che in quello che mi rimane del vino c’è tutta la forza del sole!!”
e io mi sono sentita una perfetta cogliona con quella storia del rotavapor..

Il sogno di Maurizia di dipingere frutta, verdura, fiori, erbe con i loro stessi pigmenti si sta avverando: “il procedimento è un po’ più complicato della pittura con il vino; la preparazione è più lunga, i colori sono più delicati….ma il risultato mi soddisfa…giro per il giardino raccogliendo petali e foglie e, dopo l’estrazione del colore, resto estasiata davanti a ciò che ottengo: un tenue azzurro delle campanule, un verde/giallo dalla ruta ed un rosa carico del geranio”.
Ho un fremito, il pensiero va dritto a Plasson, il pittore che in Oceano Mare dipingeva il mare con l’acqua di mare..ed è un pensiero che dà i brividi (cit.)

i colori ottenuti dalle linfe di fiori e ortaggi