sabato 23 marzo 2013

RIECCOCI CON LO SPRITZ



Ho già parlato dello spritz qua, ci ritorno sopra perché pare essere l’aperitivo che mette d’accordo tutti e invece crea conflitti e miete vittime anche tra coloro che hanno le migliori intenzioni. Il caso dell’aurora dell’altra sera è emblematico: il tizio è carino, fa il gentile e ordina uno spritz per lei, ma lo chiede col campari. L’Aurora, stucca e fine come un dito nel naso si lagna a non finire:
- sabri io comincio ad avere una certa età, ho le mie abitudini, ho la mia dose settimanale di Aperol.. sarebbe come scegliere tra vivere e tirare a campar..i
- uh che esagerata!
- sai non vorrei metterti davanti alla dura realtà, ma tra un po’ si interesseranno a noi solo gli archeologi
- gallina vecchia fa buon brodo.. (tiè)
- ma è anche vero che meno pregiato è il pesce, meglio il brodo riesce..
E se l’Aurora parla di brodo io mi preoccupo davvero.. la minestrina è il punto di non ritorno
-allora se siamo così prossime alla fase decrepita di “Mirella dammi un vov”, forse dovremmo organizzarci per cambiare aperitivo e sceglierne uno che abbia margine di errore infinitesimale,  così evitiamo il problema di scivoloni libidoazzeranti.
Segue un attimo di silenzio, forse tutte e due stiamo disperatamente cercando il cocktail di riserva
- sai che sono proprio buoni questi ravioli col foie di cosa?
- canard..
- esplosivi e scioglievoli..a proposito come si scrive canard?
- esattamente come lo pronunci, basta aggiungere una d finale che però non si sente
- C A N A R D, ard senza l’acca?
- si, e capisco che ti possa piacere meno, ma in fondo è un’anatra

Le oche invece stanno a ragionar di spritz.

lunedì 18 marzo 2013

MI PORTO IL VINO AL RISTORANTE. sottotitolo: da' retta pallino icchè tuvvòi fare?


Si prospetta una grande serata, quella di martedì, dedicata agli champagne. Questa volta io e i soliti 12 apostoli del Dio dalle fattezze di un putto, lasciamo l’ebbro colle per scendere in città. Pizza e champagne la proposta. 
Forse esiste un’ordinanza comunale che impone alle pizzerie di Firenze di chiudere di martedì (e anche di lunedì), si, perché già trovare una pizzeria aperta è un’odissea. Alla fine, picchia e mena abbiamo trovato un posto dove andare. La cosa che più mi ha sconcertato è che alla nostra richiesta: saremo una quindicina, ma vorremmo portarci il vino è possibile? I ristoratori hanno storto la bocca.
Non capisco dove stia il problema.
Ristoratore, scusa se mi permetto, fai conto che sia tua collega e soprattutto fai conto che sia astemia. Non ti capitano mai quei clienti che bevono solo acqua? A me capita, e neanche tanto di rado. Il non vendere una bottiglia è solo in minima parte un mancato guadagno; il ricavo (si fa per dire di questi tempi!) il bravo ristoratore dovrebbe ottenerlo dalla manipolazione dei prodotti, applicando a questi un valore aggiunto che proviene dal suo lavoro, dalle sue mani, dal tempo che ci impiega, dalla sua abilità e conoscenza. Non c’è nulla di nuovo in tutto questo, allora perché ristoratore fai le storie se ti chiedo: vorrei mangiare da voi, posso portare una bottiglia? La mia risposta sarebbe: "certo, e non le applico neanche il diritto di tappo".
Altra questione spinosa su cui si potrebbe ragionare assai.
Chi si porta il vino al ristorante, lo fa –almeno credo-  perché magari vuol godersi una bella bottiglia mangiando qualcosa di particolare ecc, oppure la vuol condividere con un ospite speciale senza il peso di dover cucinare..tanti possono essere i motivi per presentarsi con una bottiglia, ma quello del risparmiare a mio avviso è l’ultimo dei motivi. Per esempio se vado al ristorante, ma trovo che applichino ricarichi esosi sui vini, semplicemente ordino solo un bicchiere, godo del cibo e mi accontento della “modica quantità”, non penso certo di portarmi una magnum da casa per risparmiare..
“Se tutti i clienti iniziano a portarsi da bere, la cantina non ti gira più”. Falso. Basta avere una carta accattivante con prodotti non proprio da scaffale, etichette insolite (e non importa tenere un Kindzmarauli o un Khvanchkara) e ricarichi corretti. Nell'osservare cosa il cliente reca in tavola si possono suggerire alternative o prodotti simili..insomma alla fine qualcosa da vendere ci scappa (siamo pur sempre commercianti noi ristoratori!).
Ancora sono pochi quelli che vanno al ristorante con il bere formula BYOB (bring your own bottle), tanto di moda in Australia già 15 anni or sono. Addirittura chi pensa di fare ciò, già mi avverte quasi premuroso per telefono: “senta avremmo una bottiglia di spumante potremmo portarla..”e così via. Alla mia risposta “nessun problema”, quasi quasi ci restano male.
Poi ci sono quelli che vogliono fare gli splendidi e arrivano con la bottiglia di champagne, “ce la può tenere in fresco, la stappiamo col dolce”. Io sarei tentata di rispondere: "mi spiace ho il frigo rotto, dovete berla subito, non potete aspettare il dolce”..lo penso tutte le volte, ma poi non lo dico mai. E gli faccio bere lo champagne nei fluttini degni d’un circolino. Ben gli sta.






giovedì 14 marzo 2013

TASTE E FUGGI



Incursione a Taste 2013, of course, cioè di corsa, tanto per tradurre in italenglish..
Di sabato pomeriggio è chiaro che son di corsa. C’ho  un ristorante che diamine!!
Ma a quelli di Pitti gli struscia una mazza del ristoratore, tanto che all’ingresso per scalare 5 euro dal prezzo del biglietto –in qualità di operatore del settore- m’hanno chiesto la visura camerale dell’azienda che mi è costata 18 euro.. alla faccia della fiera!
Tant’è.
Alle 15.30 son dentro, l’amica Stefania mi aspetta: alle 16.00 c’è Vissani al Taste Ring. Mannaggia a me c’ho 3 ore risicate per girarmi gli stand e mi vado a infognare con “A volte ritornano..gli anni 50 in cucina”. Onestamente non mi è parso che siano state dette cose particolarmente originali, sul ritorno alla cucina della nonna..mhm nutro qualche dubbio.  Big Gianfranco “il gelato che ho assaggiato sapeva solo di azoto, era cristallizzato (..)” son frasi che da Lei non mi aspetto, anzi mi scombussolano proprio!
Resisto fino quasi alla fine della conferenza poi finalmente mi ributto nella mischia degli espositori, diretta come un fuso alla zona brewery..c’e davvero tanta bella birra. MOA con i suoi luppoli inglesi, ricordi di brughiere e cavalli al galoppo,..ripigliati Sabri, siamo a San Piero a Ponti! Romanticismo svanito puff!..ma la 16plato resta, e con lei i luppoli inglesi dal forte amaricante quasi affumicato. Buona, anzi good!
Poi assaggio le birre di Math, il “primo birrificio nato sul territorio del Chianti Classico”; anche queste birre sono indicate con numeri: La 70, La 16, La 68, La 27.
O i birrai amano la matematica o più semplicemente danno i numeri. Decidete voi.
La 16, birra ad alta fermentazione realizzata con fiori di gelsomino: insolita e graziosa.
Poi il birrificio San Quirico, l’Olmaia, Bruton ecc. le vorrei mettere in carta tutte, ma ancora, nel mio locale –sigh- fatico a far passare il messaggio di una birra che costa più di un Chianti Classico corretto prodotto nello stesso comune o poco più  in là.
L’amica Marina sul suo blog intitola il pezzo “Taste: the fashion food”. Come darle torto quando afferma: “Dal prosciuttaio al pastaio, il cibo si mangia con la bocca ma soprattutto con gli occhi: packaging curati, colori, font e un’esposizione degna di una boutique”.
Due esempi? Pitture per Papille e i sorbetti Della Negra. Cliccate e osservate.  
L’angolo spagnolo m’ha lasciata perplessa: ore 17.15 lascio la conferenza in favore di un assaggino di Joselito e delle tanto declamate acciughe Sanfilippo (meglio andare dai brewers con qualcosa sullo stomaco). La fiera chiude i battenti alle 19, ma sia il cortador (il tagliatore del jamon) che l’acciugaro han tolto le tende già appena passate le cinque. Allo stand mi dicono: è tardi, tra poco la fiera chiude. Come tardi, ma se chiude tra due ore?!!
Da quel che conservo dei numerosi viaggi in Spagna è per certo che per gli spagnoli non è mai tardi, anzi è sempre troppo presto; le cinque del pomeriggio oserei dire che son quasi l’alba.
Che disdetta! A bocca asciutta mi sono consolata con la torta Barozzi caldamente consigliata dall’amico Ivan.

sabato 2 marzo 2013

PUNTI DI VISTA


Una cliente dall’aria decisamente sofisticata: “vorrei una bistecchina di maiale cotta sulla griglia, ma mi raccomando che sia cotta, ma non troppo cotta, come dire tolta un minuto prima che sia cotta ecco”.
“Nessun problema signora, riferisco al cuoco”.
Mi appropinquo verso la cucina e traduco a mio padre che si occupa della griglia:
“babbo metti al fuoco una bistecchina di maiale, e cuocila come al solito”.
Dopo una decina di minuti reco al tavolo il tagliere con il bel maiale profumato..
“bene ora controlliamo se mi sono spiegata bene..” sussurra la signora, con un tono a metà tra la sfida e la supplica.
Me ne resto in silenzio al lato del tavolo, la signora non parla e io inizio ad avere oscuri presentimenti.
“le va bene la cottura Signora?”
“si grazie, perfetta”
in silenzio scivolo verso tavoli vicini con l’orecchio teso e lo sguardo vigile sulla bistecchina..
La signora estremamente soddisfatta della cottura si compiaceva con se stessa e con gli altri ospiti del tavolo: “il trucco è chiedere di toglierla dal fuoco un minuto prima..e così la cottura è perfetta, ma occorre specificarlo quando si ordina”.

O forse bastava ordinare una bistecchina di maiale tout court e al resto ci pensava il cuoco rodato..
Punti di vista.