giovedì 21 febbraio 2013

TERRA!



“Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra talvolta vediamo la vita nell’aria. E la chiamiamo polvere” (Benni)
* * *
“scusi cameriere c’è della terra nel mio piatto!”
“guardi non le stiamo rifilando una sòla, bensì le stiamo proponendo il menù del suolo: piatti realizzati con terriccio”
quando si dice Terriccio Universale..
Succede a Tokyo, dove lo chef Toshio Tanabe ha ideato e realizzato una serie di ricette il cui ingrediente protagonista è la terra, si si quella che calpestiamo, esattamente lei. È proprio il caso di dire che mangiare la polvere non è mai stato così trendy, costoso e forse pure gustoso. Il terriccio, afferma lo chef, è biologico e “pulito”, in quanto raccolto a estreme profondità in terreni montani “non inquinati” a nord di Tokyo. Speriamo non nella direzione di Fukushima..
La terra è poi adeguatamente processata per essere resa edibile. Step finale la miscelazione dell’estratto terroso con gelatina per ottenere una sorta di fango dai molteplici utilizzi. In realtà l’idea di cibarmi di fango non mi fa storcere il naso, e benché di fanghi ne abbia sperimentati un gran numero, mai per uso orale però, per lo più erano fanghi snellenti e maschere all’argilla e affini.
La sensazione che ho in mente è diciamo un po’.. polverosa.
Tuttavia il nuovo che avanza in cucina non mi spaventa, mi incuriosisce. Mi fanno innervosire quelli che udita la notizia se ne sono usciti con commenti come “non sanno più cosa inventare”, “110 euro, cara quella mota..”, prendendosi gioco del lavoro e dello studio altrui.
Nel mondo del vino ormai tutto ruota intorno al concetto di terroir, potremo dire scherzosamente che Toshio Tanabe il terroir ce lo serve fisicamente sul piatto.
Per quel che mi riguarda, mangio tutto ciò che mi provoca salivazione e se un sorbetto di terra avesse questo effetto non esiterei a trangugiarlo. Poi naturalmente ci sono cibi che scelgo di non mangiare, non per scetticismo o per diffidenza verso quelli che finora erano considerati non-cibi, ma per una mera questione di gusto, consistenza, repulsione visiva, odore e talora motivi affettivi. Ad esempio le vespe e le formiche, il durian, per il quale ho già dato, la carne di cane e cavallo e perfino la prelibata ostrica.
In fondo in passato lo scetticismo nei confronti di nuovi ingredienti in cucina ha coinvolto cibi che oggi son di largo uso, basti pensare al pomodoro, ritenuto per lungo tempo velenoso, o la melanzana, il cui consumo, secondo alcune credenze popolari, poteva portare alla pazzia. O il caso della patata, dopo quasi tre secoli dal suo arrivo in Europa, era ancora trattata come pianta ornamentale e vista con diffidenza in cucina, perché ritenuta portatrice di malattie. Pensa tu, 1800 anni senza le patatine fritte..
Al momento il Giappone è un po’ lontano, per i miei tempi stretti e per le mie tasche, pertanto spero in una visita dello chef nel Bel Paese, per portare la sua esperienza “terrena” fino a noi.

Tratto da TERRA! Di Stefano Benni
CHEZ LES CREATURES
“Tutto quello che si può mangiare in questa galassia noi ce l’abbiamo”, diceva modestamente l’intestazione del menu.
“i signori desiderano?” chiese il cameriere
“non so ci aiuti lei, è difficile scegliere in un menu di sessantamila  portate”
“se permettete signori vi consiglierei le minestre misteriose. Sono buone ed è emozionante non  sapere cosa ne salterà fuori. Per secondo piatto, se siete robusti, potrei portarvi un propus venusiano”
“perché occorre essere robusti?”
“date un’occhiata al tavolo di fianco”
Al  loro fianco  infatti due russi panciuti stavano scoprendo una zuppiera dalla quale usciva un buon odore di bollito. Il primo russo infilò una forchetta, ma dalla zuppiera uscì un tentacolo azzurro che lo afferrò per  la testa e lo tuffò dentro al brodo tenendolo sotto. Due camerieri intervennero e con una coltellata liberarono il cliente. Ci provò l’altro, ma il propus, un incrocio tra un polipo e una medusa, usci dal piatto e ingaggiò una lotta corpo a corpo, tra schizzi di sugo e urla del russo, che alla fine mezzo strangolato dai tentacoli urlò: “la frutta, voglio la frutta!” 

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