mercoledì 23 gennaio 2013

RITRATTO DI RISTORATORE

“Chefs are strange creatures; their trade is more of a calling, a vocation, than a career. They start young; the training is hard, the hours long, the pay meager. Chefs work when others are having fun. They don’t have real friends. Their mar­riages don’t work; their children don’t like them. And no one ever invites a chef round for dinner”. 
Provocatorio, impertinente, magnifico A.A. Gill.

Traduco alla meno peggio, devo, per il semplice fatto che mi leggono anche i miei genitori e qualche altro parente non esattamente anglofono..
Scrive Gill: “gli chef sono delle strane creature; il loro lavoro è più una sorta di chiamata, una vocazione, che una carriera. Gli chef iniziano a lavorare giovani, la gavetta è dura, gli orari massacranti 1, la paga magra. Gli chef lavorano quando gli altri sono a divertirsi 2. Non hanno veri amici 3. Il loro matrimonio non funziona 4; i figli non li amano 5. E nessuno mai inviterebbe uno chef fuori a cena 6”. 
Giusto due parole in qualità di ristoratore:
- punto 1. orari massacranti: vero, come quando ti capitano (almeno un paio di volte alla settimana) quelle 18 ore di lavoro consecutive, che corrispondono alle ore settimanali di un qualunque impiego part-time
- punto 2. vero. Il ristorante che vorrei apre dal lunedì al giovedì. Il turno di riposo settimanale cade il venerdì, il sabato e la domenica.
- punto 3. gli amici. Quasi vero. Meglio dire che ne hanno pochi. Del resto se si ha a disposizione una sola sera libera alla settimana, i tempi di appuntamento col cuoco/ristoratore sono mediamente quelli di una visita specialistica alla ASL, si parla di mesi.. l’impossibilità di frequentare gli amici, condividere con loro serate e gitarelle comporta un progressivo isolamento. E se tu ristoratore non puoi recarti il venerdì a far baldoria con loro, il trucco è far venire gli amici a far baldoria da te. Maometto docet. In genere i veri amici del ristoratore presentano le seguenti caratteristiche:
-         possono aspettare settimane ma non rinunciano a vederti
-         sono coscienti del fatto che il lunedì o martedì ci si può divertire come il sabato e la domenica, talvolta pure di più
-         non ti telefonano dopo le 19 del sabato sera o in tarda mattinata la domenica
-         ti telefonano per saper come stai e non per chiederti una ricetta

- punto 4. La spinosa questione matrimoniale: i miei sono sposati da 40 anni, ma sono entrambi cuochi. Io non sono sposata e questo la dice ancora più lunga 
- punto 5. I figli: io non ne ho, ma sono figlia di ristoratori. L'età di marmocchia uggiosa che non voleva né mangiare né dormire l'ho trascorsa a casa dei nonni. Vedevo i miei genitori solo il lunedì quando a ristorante chiuso scendevano a Firenze a trovarmi. A scuola mi accompagnava il nonno, alle riunioni con gli insegnanti ci venivano i genitori della mia compagna di banco, al pattinaggio mi ci portava la nonna. Il babbo e la mamma dovevano sempre lavorare, lavoravano sul serio come muli fino a notte fonda, non erano storielle, ma alla fine io me ne son venuta così come sono senza di loro. Io vorrei che non fosse così anche per i miei figli, ma non sempre vale il detto volere è potere
- punto 6. gli inviti a cena. Lo sospettavo..


giovedì 17 gennaio 2013

LA PARTE DEGLI ANGELI (The Angels' Share)


“Ogni anno circa il 2% dei whisky conservati nelle botti evapora. Quella frazione che se ne va in cielo è chiamata la parte degli angeli”.
E io mi immagino  i cieli di Scozia e d’Irlanda intasati da angeli che vagamente brilli, che sfrecciano spericolati per l’aere, sgommano e inchiodano, respirano a pieni polmoni e poi ebbri ripartono a manetta verso cieli sempre più blu.. Se quando muoio vado in Paradiso inoltro subito la richiesta per il trasferimento oltremanica.

È lunedì, io non lavoro e naturalmente piove, senza considerare il fatto che il lunedì a Firenze non c’è mai uno straccio di cosa interessante da fare.
Chiamo l’Aurora e le propongo un cinema; c’è il nuovo film di Ken Loach uscito da qualche giorno nelle sale. L’Aurora storce un po’ la bocca, dice che non le piacciono le storie degli sfigati più sfigati d’Europa, pardon del Regno Unito, anche se quando la portai a vedere “Il mio amico Eric” pianse per tutto il tempo ed ebbe pure un fremito di passione per il calcio durato il tempo di un goal di Cantona..
Alla fine la convinco puntando sul whisky..”il film parla del ritrovamento di un Malt Mill del 1962, un’intera botte!”
“accidenti, meglio del Santo Graal..”
Leggendo qua e là scopro che Lagavulin dopo l’uscita del film ha fatto sapere che esiste davvero una bottiglia di un prezioso whisky Malt Mill datata 1962, considerato il progenitore del Lagavulin, che si tramanda da un mastro distillatore all’altro, insomma una sorta di banca genetica che conserva il dna puro e primordiale del prezioso Scotch di Islay.
Il film scorre e questa volta non si piange, direi piuttosto che è la salivazione a scatenarsi: tutti quei distillati ambrati ci fanno venire altro che sete!
“c’è un irish pub proprio qui nei paraggi..”
“qui c’è l’intervento della divina provvidenza!”
 “ne avranno solo di Irlandesi?” dopo The Angels’ Share le Sciarpa Angels (ovvero noi incappucciate per il freddo) cercano solo whisky delle highlands o delle Isole..
“ora non facciamo troppo le sofisticate, l’importante è non ripiegare su quel frappè banana e vaniglia che viene dal Tennessee..” 
Dietro al bancone fanno bella mostra di se gli irish whiskey (solo quelli con la e d'accordo?); esposti a testa in giù stanno nell’ordine: Bushmills, l’immancabile Jameson e il Tullamore Dew, tutte le bottiglie munite dell’odioso dosatore a stella. Sullo scaffale hanno anche whisky scozzesi della linea Classic Malts di Diageo,  senza dosatore, per cui c'è solo da spersare nella mano pesante della barista. L’Aurora va per un Lagavulin 16 mentre io mi fermo prudentemente a un Oban 14 years old. Sulla scia del film mi lancio in una maccheronica degustazione indugiando sui sentori di brezza marina e lieve torbato
“uh che cantilena.. basta con questa Urbi et Torba.., con la torba tu mi turbi!”
“vuoi che metta il turbo..?”
..e così via per il tempo di un altro whisky.

Ovviamente Ken Loach è da vedere.

martedì 15 gennaio 2013

FISCHI PER FRASCOLE


 La mia piccola trattoria, che cerca di agghindarsi a ristorante, sorge nella ridente campagna a sud di Firenze, precisamente sulle colline del Chianti Rufina: "il più alto fra i Chianti". È una zona vinicola ristretta, che conta circa 20 produttori, ci si conosce tutti e si va a mangiare nei soliti posti, dalla Sabrina a Il Maccherone compreso. Potrebbe pertanto risultare politically scorrect da parte mia fare il nome di un’azienda vinicola della zona e non delle altre, ma alla fine è la mia carta dei vini a parlare per me: ci sono quasi tutti quei vini della Rufina che mi piacciono, quasi. Alcuni produttori mancano per questioni di spazio (detto in soldoni, si fa a girare), un paio mancano più per questioni di empatia che per la qualità dei loro vini, che non discuto. 
Ora che ho fatto la premessa vengo al sodo.
Vengo chiamata ad un tavolo dove un signore in dolce compagnia mi chiede un consiglio per la scelta di una bottiglia: vuole rimanere in zona, quindi gli consiglio un  Chianti Rufina. La scelta in carta è ampia per cui mi informo se lo preferisce grazioso e ben fatto, di sicuro appeal anche per la signora o se preferisce salire in alta collina a trovare il fresco, pardon la freschezza di un sangiovese senza orpelli, virile ma fine.
“C’est-à-dire?”
(chissà perchè ora mi parla in francese..)
“pensavo a un Frascole 2009” gli rispondo io. "Al momento io suggerisco l'annata piuttosto che la versione riserva.."
“un fiasco del 2009?”
“no la Fattoria di Frascole..”
“hai capito fiaschi per Frascole!” è il commento ironico della signora seduta al suo fianco.
Visto l'andazzo capisco che  a loro serve un vino che parli chiaro, così da fugare ogni ulteriore possibilità di fischi per fiaschi (o per Frascole) e articoli in modo perfetto il linguaggio della Rufina.. pur provenendo da Dicomano.. ;-)
Con questo ci siamo capiti







martedì 8 gennaio 2013

FOGGY DINNER

È quasi tutto pronto per la Foggy Dinner di questa sera, ovvero la cena dedicata al Nebbiolo nelle sue varie declinazioni. Il gruppo dei bevitori diplomati è al gran completo. Con un paio di new entry siamo arrivati a quota 14. La cena è stata pertanto ribattezzata Foggy Nabucodonosor Dinner, perché col cavolo che riusciamo a fare il giro di tutti i bicchieri con un’albeisa o bordolese che sia (anche se a mescere sono sommelier AIS ben allenati a dosare il vino col contagocce).
Ho la strana sensazione che le declinazioni del nebbiolo prese in considerazione si conteranno su un paio di dita, forse tre. Perché se dico nebbiolo quanti di voi pensano chiavennasca? Suvvia la Valtellina è più nota per i pizzoccheri.. e quanti di voi penserebbero a recar sulla tavola un picoutener valdostano?
Ma potrei azzardare di più: a mio avviso non ci si schioda da Cuneo, eppure Ghemme e Gattinara stanno lassù alla distanza di una Spanna..
Anzi a dirla tutta potrebbe pure essere problematico l’attraversamento del Tanaro, notoriamente i sommelier hanno paura dell’acqua..e con questa scusa si elimina anche il Roero: non sia mai!
Insomma il rischio è quello che le declinazioni di Mr Wine Fog siano limitate a lampia e michet e che il nebbiolo appartenga solo ai tipi B&B. E’ un rischio che son pronta a correre, lo giuro..
Pietro da Prato ha perfino proposto di sperimentare solo ed esclusivamente tutte quelle tipologie di nebbiolo che provengono da Serralunga d’Alba, vigneto Francia, vinificati da Roberto Conterno e la cui etichetta inizi con M e finisca in ONFORTINO. Tutte le declinazioni dagli anni Novanta in su..
Ma qui siamo a Doccia caro Pietro, mica a una puntata di Kazzenger..
Ed è proprio con la convinzione d’una foggy bevuta langarola che ho messo a punto un menu di chiara impronta piemontese che parte dai grissini e dalla giardiniera, indugia su qualche prelibatezza del buon Beppino Occelli e si abbandona agli agnolotti al plin e ad un morbido risotto al Castelmagno per poi capitolare su un brasato al barolo.
Ma prima cari amici e commensali vi toccherà una ricetta alessandrina che risale al lontano 1800 messa a punto per celebrare la vittoria di Napoleone sugli austriaci, nella battaglia di Marengo. La ricetta piemontese più astrusa che abbia incontrato e per questo l’ho scelta.. buon appetito!