mercoledì 11 aprile 2012

“BASTA CONSIDERARE I CAMERIERI COME DEI PERDENTI” (AA Gill)

Prendo spunto da un articolo di A.A. Gill apparso un po’ di tempo fa sul Sunday Times (http://www.timesonline.co.uk/), che ho trovato terribilmente vero e con un Gill più acuto che mai.
Traendo ispirazione dall’iniziativa di una catena di ristoranti inglese, di dimezzare l’importo della voce servizio sul conto, Mr Gill analizza numerosi aspetti del mestiere di cameriere. Un paio di questi mi hanno particolarmente toccato, visto che li sperimento periodicamente sulla mia pelle.
Primo fra questi è che il cameriere è considerato il mestiere dei perdenti, di coloro che non sanno fare altro. Così come nel Regno Unito to be a waiter means to be a looser, in Italia il cameriere è quel mestiere ultimo, infimo, per cui non è richiesta né arte né parte, quel mestiere che pure uno scemo saprebbe fare e perciò a questa categoria relegato. A questo proposito mi viene in mente un episodio che mi è capitato qualche anno fa. Al tavolo sono seduti alcuni clienti che vengono al ristorante da un po’. Particolarmente soddisfatti da alcune pietanze, elogiano il cuoco e mi chiedono se quei piatti sono firmati da Aldo (mio padre, the boss). Timidamente rispondo che li ho pensati e realizzati io, al che, sbigottiti esclamano: “e noi che ti credevamo la “stalentata” della famiglia, perciò relegata in sala”. Eccolo lì il pensiero distorto, il cameriere è lo scemo del gruppo, colui che per definizione è incapace di fare un qualunque altro mestiere degno di tale nome..
Vi prego correggetemi, ditemi che sto sbagliando, che preso una cantonata clamorosa..vi pregoooo!!!
Gill giustamente osserva che negli States la cosa è completamente diversa, non ci sono pregiudizi di sorta nei confronti del personale di servizio. Anzi, il cameriere è sempre un mestiere “composto”: waiter-actor, waiter-singer, waiter-entrepreneur..insomma il cameriere è un mestiere che fanno tutti, di cui essere orgogliosi, una sorta di gavetta per la strada del successo..saranno famosi insegna!!
L’altro aspetto, è che, udite udite, il cameriere serve in tavola, ma non è un servo.
E c’era bisogno di dirlo? Si, eccome.
Non so cosa scatti nella mente di alcune persone nel momento in cui si siedono nella sala di un ristorante, ma di certo succede qualcosa che li fa sentire autorizzati a rivolgersi al personale di sala con cenni vari quasi da mimi. Addirittura c’è chi sfodera un linguaggio presistorico del tipo: “ehi”, “oh oh”, quando invece basterebbe un “mi scusi?” per richiamare l’attenzione del cameriere.
Chi porta il grembiule implicitamente deve occuparsi della prole lasciata scorrazzare allo stato brado tra i tavoli e le stoviglie, rivolgersi a persone che neanche ti ascoltano quando prendi le comande e che ti rispondono dandoti del TU (-no mi dia pure del lei, non mi offendo –mi verrebbe da rispondergli). Altri  invece si ostinano imperterriti a stare seduti sbracati rendendo l’operazione di pulizia del tavolo una sorta di gioco acrobatico non esente da urti, gomitate e varie ed eventuali.
Mi ritengo fortunata, visto che per ora nessuno mi ha chiesto di fare l’inchino..
Abbiamo anche noi la nostra versione maccheronica di cameriere come mestiere composto solo che suona così: cameriere-babysitter, cameriere-schiavetto, cameriere-acrobatamanonartista..
Lo so, avete ragione, non tutti i clienti per fortuna sono così, come è vero che non tutti gli autisti dell’ataf sono scortesi, non tutti i politici corrotti, non tutti gli arbitri becchi, ma a volte ne basta uno per rovinarti la giornata.


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