martedì 31 gennaio 2012

NEL FRIGORIFERO DI CASA

Vi siete mai chiesti cosa ci sia nel frigorifero di casa di un ristoratore?
Ve lo immaginate pieno zeppo di prelibatezze di ogni genere e sorta? Talmente stracolmo da doverlo chiudere mettendoci una sedia a contrasto?
Nel mio frigo al momento si trovano: un limone, del latte (verificare sempre la scadenza..a volte sta lì da così tanto che si è trasformato in un qualcosa di spalmabile), un vasetto di senape di Digione, resto di qualche cena che fu, dell’aglio (non so perché lo metto in frigo, comunque sia c’è), un pezzetto di parmigiano e del burro e i resti non più potabili di una ribolla di Tercic. Fine.
Nel freezer solo ghiaccio: molto incrostato alle pareti, qualche cubetto per le evenienze e una busta col ghiaccio secco, per il dopo evenienza hihihi!!!
Ora, pur con tutta la fantasia e l’abilità in cucina che dovrebbero contraddistinguere un ristoratore, con questa miseria nel frigo la vedo dura a tirare fuori qualcosa di edibile. Se stasera nevica, come allerta il meteo da giorni e giorni, quassù in campagna, senza uno straccio di negozio, e incapace di montare le catene alla macchina o  mi arrangio o busso al vicino, che non è George Clooney. E non è neppure Sting purtroppo, con tutto quel che si racconta su di lui, ben venga la neve..
Oppure scendo ora a fare la spesa, dovrei cavarmela con un'ora per cercare parcheggio, fare a manate per un carrello e frugare tra scaffali deserti, tutto per 2 cm di neve che ancora non sono scesi. I would rather starve than.. tanto per dirla con i Pearl Jam.
Calcolando che nella dispensa un po’ di pasta secca c’è sempre, e dovrei pure avere delle acciughine sotto sale e qualche pelato, potrei andare avanti qualche giorno a spaghetti cacio e pepe o a esagerare una salsa al pomodoro e acciuga.
Speriamo comunque che non nevichi.  Se domattina dovessimo svegliarci sotto un candido manto bianco, vi prego mandatemi suggerimenti per non morire di fame.

lunedì 30 gennaio 2012

ASPETTATIVE SULL'...AIA

 Barbara Bonaccini

Venerdi confessavo ad un caro amico che la sera dopo avrei passato la serata in compagnia di una bottiglia di ...aia!
" Mhh il suffisso non è male, ma dai dimmi anche il resto: Orne? Sassi? Lupi? Tassi?" . E mentre mi divertivo a far morire lui di curiosità, in realtà morivo io dalla fifa che il vino sapesse di tappo o che si fosse sciupato nel tempo....con quei nomi così evocativi mica c'era da stare tanto tranquilla.
E avevo già atteso abbastanza, quasi tre anni...ora basta era il momento di stapparlo!!!
Sono le 4 del pomeriggio, decido di procedere e togliere ogni dubbio. Troppo presto forse rispetto alla cena? Che importa? Ho bisogno di sapere se sarà davvero lui ad allietarmi la serata.
Tappo perfetto! Ne verso un goccio nel grande bicchiere: i primi effluvi promettono...eleganza.
Bene, posso uscire tranquilla e rilassata a fare due passi in centro: lui è lì che mi aspetta. Che pensiero rassicurante:-)
Al mio rentro si era davvero tirato a  lucido: un ventaglio di profumi più grande della coda di un pavone: frutti neri, cassis soprattutto, grafite, poi cuoio, note balsamiche, a tratti ricordi di cioccolato al latte e poi ancora frutto, anice stellato, note minerali e ferrose, roba da far girare la
testa.
E in bocca....tannini setosi, freschezza e sapidità in abbondanza.
Che classe il mio Lupicaia 2004!!!

MISS BB: LA SOMMELIER..SUI TACCHI

di Barbara Bonaccini

Eccomi qua, miss BB come mi chiama la padrona di casa di questo blog, o... la sommelier sui tacchi come amo presentarmi io.
Per lavoro passo le giornate con i tacchi; per passione passerei tutte le sere a baloccarmi con i tappi.
E pensare che fino a 30 anni il mio rapporto con il vino arrivava si e no ad un bicchierino di vino passito, anzi alla Goccia d'oro dello zio Giovanni, il fratello di mia mamma, commerciante di vino, nonchè figlio a sua volta di un commerciante di vino. Insomma il mio gene vinoso si era perso o forse addormentato?!
Dopo i 30 ho cominciato a tradire il mio rigido senso del dovere, con quello del piacere diventando una enofanatica gastrocuriosa, frequentatrice di " circoli viziosi" ...ovvero ambienti dove si discute e si pratica la cultura del buon cibo e del buon vino. Cosa avevate capito??
Qua mi sono imbattuta nella nostra chef calembour con cui condivido un'altra, inconfessabile e ghiotta passione: quella per i biscotti. E con cui mi auguro di continuare con questo blog a berne e a raccontarne delle belle.

giovedì 26 gennaio 2012

COMIDA NELLA BARCELLONETA

Passeggiando nel dedalo di viuzze della Barcelloneta, il quartiere dei pescatori, cerco sulla sacra bibbia dei viaggiatori (alias la Lonely Planet), un posto dove andare a mangiare.
Can Maño pare essere il posto che fa per me.
Nessuna insegna, solo una lavagna fuori a segnalarne la presenza. Due salette con i tavoli in formica marrone e due cartelloni su cui sono indicati i piatti del giorno. Niente piu'. Sulla guida c'e' scritto che il locale e' a conduzione familiare e i due proprietari ripetono da anni che sono stanchi e che vogliono andare in pensione, ma non lo fanno mai. Mi sembra di sentire Aldo e la Lisetta al Maccherone..
Ordino dei calamari fritti piu' il piatto del giorno che costa 2.50€. Chiedo al sig. Fernando (il proprietario) che gironzola tra i tavoli con il tovagliolo sul braccio, cosa sia il piatto del giorno, ma non ci capiamo. Lo ordino lo stesso, e mi arriva una scodella colma di zuppa di fave, butifarra (salsiccia locale) e pancetta. Mi sarebbe bastato solo questo, ma ecco che mi arriva un vagone di calamari. L'abbinamento calamari-zuppa di fave non e' dei migliori, ma mangiati separatamente sono molto buoni.
Il vino bianco della casa si chiama Turbio (con l'accento sulla i). E' un bianco piuttosto scadente, che al momento del servizio don Fernando agita accuratamente, scuotendo la bottiglia, cosi' da portare in sospensione tutta la fondata. Da li' il nome, mai cosi' appropriato.
Alcuni avventori seduti ai tavoli vicini, bevono il vino servendosi di una sorta di ampolla: il vino zampilla da una specie di beccuccio direttamente in bocca, senza doverla accostare alle labbra. E' la prima volta che la vedo, ma il mio compagno subito mi precisa che veniva usata anche in Italia nel sud, specialmente nelle merende all'aperto. Qui la chiamano el porron, poro' in catalano (non so se l'ortografia e' corretta..).
Le raciones che ci hanno servito sfamerebbero un esercito e sono deleterie per il mio stomaco di puffo. Rifuggo il solo pensiero di alzarmi e camminare. Ma Barcellona mi aspetta, zaino in spalla esco piena di buoni propositi, se non fosse che all'orizzonte intravedo la spiaggia.. 

EL CLASICO

Per caso mi trovo a Barcellona nel giorno in cui si disputa El clasico, la partita tra il Barça e il Real Madrid, il ritorno.
Ho l'incarico di portare a mio fratello la maglietta ufficiale del FC Barcellona, quella col numero di Messi.
Ad ogni angolo della citta' ci sono negozi con magliette e gadgets del Barça, ma la richiesta era: quella ufficiale. E io che ne so? sara' meglio che lo chiami.
"Devi andare al museo del Barça, allo stadio.."
Per mio fratello questo e altro. Prendo la metro direzione Camp Nou. Fiumi di tifosi sia sulla metro che sulla strada. Li seguo, non sto neanche ad aprire la cartina. Lo stadio ha dimensioni impressionanti, becco pure l'arrivo del pullman con i giocatori; le persone in strada esultano, cantano cori in catalano. Ma che ci faccio io qui? Sara' meglio che trovi questo museo.
La maglietta per cui mio fratello sbava costa la bellezza di 80€! Ho un mancamento. Decido di fare la gnorri, gli diro' che non c'era, tanto lui figurati se lo legge il mio blog.
Cerco di allietare la camminata di ritorno verso la metro sgranocchiando dei frutos secos, qui ne vanno pazzi, e pure io. Compro a una bancarella il misto catalano, noci, mandorle, pistacchi, ben ricoperti di caramello.
Ma gia' mi pregusto la sosta al baretto sotto l'hostal, in cui fanno degli ottimi churros. C'ho fatto il solco, fortuna che venerdi' riparto..  

domenica 22 gennaio 2012

AZ. AGR. IL RIO: IL VIGNAIOLO CHE DISEGNAVA GIOIELLI

Un casale tra le vigne, due gatti, due cani bianchi, e Manuela e Paolo Cerrini: ecco Il Rio, azienda vitivinicola nel cuore del Mugello.
Siamo (io e miss BB) a Vicchio e Paolo molto gentilmente è venuto ad aspettarci alla stazione. Lo seguiamo con la macchina e dopo aver lasciato la strada provinciale  ci addentriamo nella bella campagna mugellana. Un tratto di strada sterrata ed eccoci. Conosciamo Manuela, che ci introduce i “familiari” a quattro zampe che da un po’ ci girellano intorno in cerca di attenzioni. Paolo viticoltore pioniere nel Mugello, è stato il primo a introdurre il Pinot nero da queste parti. Erano i primi anni Novanta e Paolo ci mostra con orgoglio un diario di quei giorni:
sole, nuvoloso, piantate barbatelle, piove grazie al cielo …
Altri lo hanno seguito in questa avventura, tanto che qualche anno fa è nata l’associazione dei viticoltori di pinot  nero dell’Appennino Toscano, che conta ad oggi nove aziende, tra mugello, casentino, garfagnana e lunigiana.
La visita inizia nel vigneto storico “Il rio”, circa mezzo ettaro, dove le viti sono allevate a Y, per avere un buon sviluppo fogliare  così da proteggere i grappoli dall’eccessiva insolazione estiva.
Ai margini del vigneto ci sono tre tini in acciaio, in uno dei quali Paolo ha inserito una griglia, al fine di separare la frazione liquida dagli acini appena ammostati, che subiranno così una sorta di macerazione carbonica. “Non chiedetemi perché e per come o cosa succede, so solo che da quando faccio così ho un vino molto più elegante”. Così come la penicillina isolata per caso da un melone marcito trovato su un banco del mercato, anche Paolo ha fatto la sua scoperta per caso, quando, a seguito di una vendemmia particolarmente abbondante, non riuscendo a follare le vinacce col bastone, lasciò che il cappello fermentasse intatto. “Finalmente nel 2008 ho imbottigliato Audry Hepburn” dice giustamente soddisfatto, sottolineando la maggiore eleganza rispetto alle annate 2006 e 2007, rispettivamente più Marilyn e più Lucia Bosé.
Era disegnatore di gioielli Paolo, e benché faccia il vignaiolo ormai da molti anni, non ha certo perso l’estro dell’artista. Per facilitare le operazioni di  pulizia delle barriques ha ideato un congegno in legno per sollevare la parte superiore e aprirle, e ha anche progettato e realizzato una sorta di sci di legno da applicare alle cassette con l’uva durante la vendemmia, per poterle spostare più agevolmente.
Quest’uomo ci piace.
E ci piace pure la moglie che ci accoglie nella grande cucina col focolare e la tavola imbandita: olio, pecorino, pane tostato sulla brace e noi a chiacchierare come amici di vecchia data fino all’imbrunire, sorseggiando l’ottimo “Ventisei” 2008. Invitante nel suo rubino trasparente, sincero e schietto, fresco. Chiodo di garofano, ciliegia, amarena.. ecco la macerazione carbonica! Buono.
Prima di andare vorrei acquistare anche un po’ di Annita, il loro bianco da uve chardonnay e pinot nero, ma niente da fare è finito. Uffa!
Vabbè c’ho la scusa per ritornare a breve..

venerdì 20 gennaio 2012

IL VINO LO PORTO IO

Da oggi parte una nuova rubrica, il vino lo porto io, in cui parleremo di bevute, incontri, bottiglie stappate, confessioni in stato di ebbrezza e quant’altro riguardi vino e dintorni. Parleremo perché questa zona della mia cucina in rosa, sarà dimora più o meno fissa della mia compagnia di sbronze: miss BB, ovvero Barbara Bonaccini (applausi CLAP CLAP!!), brava sommelier, con un debole per le bollicine.
Ci sarà modo e più di una occasione per introdurla a dovere, per adesso accomodati my friend e fai come se fosse casa tua.

mercoledì 18 gennaio 2012

DA 0 A 18 PASSANDO PER 3

Zero: le ore lavorate fino a ieri
18: le ore che mi appropincuo a lavorare oggi
3: le ore dormite stanotte, causa l’ansia da riapertura, il terrore di non farcela, di non avere tutto pronto per l’ora di pranzo.
-   ti dovevi fare l’acqua di malva- m’ha suggerito donna Clorinda (alias la mi’ nonna) stamattina di buon’ora.
-   caspita non c’ho pensato!- gli ho risposto tra lo scocciato e l’ironico
-   certo anche te non hai mica tempo di andare a cercare la malva..- (brava nonna così sveglia alle nove di mattina)
- peccato che siamo a gennaio e anche se avessi tempo..-
-   senti Sabri (sento che mi chiederà una ricetta), mi è avanzato un pettino di pollo, come lo posso fare?
No nonna il petto di pollo, non lo voglio sentire… Mi viene in mente una ricetta di Nigella L. e gliela sparo in tre balletti.
-   nonna ce l’hai lo yogurt bianco?- (tradotto: intero). Tritaci della salvia, aggiungi sale e pepe e mescolalo al pollo fatto a pezzetti. Lascia marinare per un po’. Poi sbriciola 3 o 4 fette biscottate (la mia nonna ha il diabete, per cui usa fette senza zucchero. Se volete potete usare in alternativa crackers, biscotti salati, perfino i Tuc..) e impanaci i pezzettini di pollo. Metti in forno per 10-15 minuti..sono buoni.
-   ma lo yogurt con il pollo…-
Lo sapevo che mi avrebbe risposto così, ma è stata lei a iniziare con quella storia della malva…

lunedì 16 gennaio 2012

IN VISITA AD ASSISI

Mi godo la mia domenica di ferie nella bella Assisi. Da ristoratore godo oltremodo nell’andare in giro la domenica, mi sento quasi “normale”.
Arrivo a destinazione in tarda mattinata, lascio la macchina in uno dei parcheggi autorizzati (stavolta sto attenta!) e mi incammino in direzione centro. Visito la Basilica di Santa Chiara, poi San Rufino, poi La Rocca Maggiore, che vale tutti i 5 eurini di ingresso; una foto qui una foto là, poi mi viene fame. Mi giro intorno e individuo un piccolo negozio di salumi e formaggi. Leggo sulla lavagna esposta fuori “torta al testo”: mi basta questo per decidere di entrare. Sono tentata di farcirla con qualche fettina di barbozza (è possibile che in altre zone la chiamino barbozzo?), poi opto per qualche fetta di prosciutto di Norcia. Non che mi immaginassi l’omino con la brace e il testo, ma vedere che tira fuori la torta da un sacchetto sottovuoto mi fa passare un po’ la poesia. Tra i due vini a mescita proposti, uno bianco e uno rosso, vado per il sagrantino, che mi viene servito nel bicchiere di plastica. Hihi o’ prova a fare la degustazione se ti riesce..
Mi siedo a mangiare fuori al sole, su una scalinata lì vicino, appoggio il bicchiere a fianco e mi libero le mani per poter addentare la torta. Nel tentativo di mantenere intatto il rossetto spargo una buona dose di briciole e eccoti due piccioni a tenermi compagnia. Gesticolo un po’ per allontanarli e finisco per rovesciare il bicchiere col vino.
Maledetti piccioni.
Rientro nel negozio per chiederne un altro bicchiere e prima che l’omino proferisca parola lo precedo: - è colpa dei piccioni-. Lui abbozza un sorrisetto, mesce e tenta una frase con un improbabile accento toscano: - che tussei fiorentina?-
Annuisco.
Lui prosegue parlando dell’Umbria, della Toscana e della grande Etruria (io già mi sono persa), per poi tirare in ballo il secessionismo leghista: - eh no, ma noi s’era compresi, eccome se ci prendevano volentieri in  Padania!-  non rispondo:  ignoro nella maniera più completa dove siano sti confini tanto agognati dal popolo che dice di averlo duro.
La mia visita procede tra chiese, cripte, negozi e fotografie. Questo posto mi piace.
Sulla via del ritorno, forse inebriata dalla bellezza indicibile della basilica di San Francesco, cado nella solita trappola da turista. Entro in una pasticceria con la scusa di un caffè, ma soprattutto di una fetta di rocciata, la classica torta arrotolata, ripiena di mele.  Mi cade l’occhio su degli invitanti brustengoli, altra specialità locale, vabbè me ne incarti due, li porto a mammà. I prezzi non sono esposti, solo dopo capisco perché. Colpa mia che non ho domandato prima. Tre dolcetti e un caffè: 12 €. Alla faccia del Santo che predicava la povertà e sul quale certi esercizi basano le loro ruberie. Per lo meno la rocciata era buona. Amen

venerdì 13 gennaio 2012

LO STRANO CASO DELLA CREME BRULEE

E’ uno tra i dessert che ho in carta e che sempre suscita strane reazioni, timori, domande, comportamenti osceni.
A questo proposito vorrei fissare alcuni punti:
-         Per quelli che si spaventano: no no è troppo alcolica! Nella creme brulee non c’è il vino!!
-         Per quelli che fan di tutt’erba un fascio: la crème brulée non è il crème caramel e non è neppure una crema catalana: è un’altra cosa.
-         Per quelli a cui piace caldo: la crème brulée va servita fredda, vi prego non chiedetemi di metterla a  scaldare nel microonde.
-         Per chi consuma atti osceni in luogo pubblico: la crosticina è indispensabile per l’equilibrio gustativo del piatto. Non chiedetemi una crème brulée senza lo zucchero caramellato e non rimuovete la crosticina con la scusa che vi si attacca ai denti o che è amara..

OGNI DONNA HA IL SUO DRAMMA

Il mio è stirare. Lo ammetto, sono poco portata per i lavori domestici in genere, ma tra tutti, maneggiare il ferro è quello che mi rende più irrequieta. Stira i capi prima da rovescio, poi mettili in piega, inumidisci le camice, usa il panno per i capi di lana e così via..sono passate due ore e la pila di capi grinzosi non si è abbassata di un centimetro.
Tra nuvole di vapore e stira e ammira sono giunta ad alcune conclusioni:
  1. ci sono tanti capi che possono non essere stirati
  2. per le magliette che indosso solo sotto il golf: posso stirare solo il colletto
  3. per i jeans che mi vanno stretti: posso limitarmi a stirare solo la parte che va dall’orlo al cavallo
  4. un bloody mary ben fatto mi può aiutare

La mia ricetta del bloody mary:

Succo di pomodoro: la boccetta da 125 ml
3 cucchiai di vodka –crepi l’avarizia-
1 cucchiaio scarso di succo di limone
Tabasco: just a splash!
Worcestershire sauce: half of a splash! La Hetton’s..anche solo per l’etichetta
Sale e pepe
Ghiaccio
Una cannuccia
Corollario: la cannuccia è indispensabile quando si stira.
Ho usato I spirit vodka: si quella di Lapo Elkann. Me la hanno regalata, ecco.
Non appena mi regaleranno la Chase.. magari la tiro giù senza pomodoro: allora potrò stirare anche le camice.

RUBRICA: LA VOCE DEL RISTORATORE

Questa rubrica è dedicata ovviamente a me, che in quanto ristoratrice ne vedo di "cotte e di crude".
Situazioni imbarazzanti, qui pro quo, clienti “serpenti” e quant’altro mi presenta giorno dopo giorno e che muoio dalla voglia di raccontare. Post dopo post né uscirà l’immagine del ristoratore nudo e crudo: una sorta di ominide a tratti stravagante, a tratti romantico, spesso completamente pazzo. In alcuni post potrà suscitarvi tenerezza, in altri compassione e perfino un pizzico di invidia, ma spero che alla fine lo amerete per quello che è: una persona felice quando anche i suoi ospiti lo sono.

giovedì 12 gennaio 2012

STASERA ESCO!!

Finalmente sono in ferie. Il ristorante è chiuso per qualche giorno, tanto per riprendersi dalle sempre e comunque impegnative festività natalizie.
Mi do alla pazza gioia = faccio quello che le persone normali fanno normalmente: esco, vedo gente, faccio cose..
Stasera, serata in rosa, io e la mia compagna di bevute.
“ehi cara è da mo’ che non ci vediamo, che fai stasera?”
“niente, ma ho un sacco di cose da raccontarti”
“ok facciamo alle nove al caffè Sant’Ambrogio, hanno un sacco di vini buoni..”
La solita scusa di bere qualcosa per fare due ciane, anche se nel nostro caso la scusa è di fare due chiacchiere per bere diverse cose.
Fa un freddo siberiano e io vorrei mettermi in tiro, insomma quel paio di volte all’anno che esco… ma ripongo il pensiero. Vada per i jeans, un maglione a collo alto e stivaletto con tanto di calzettone di lana: Signore ti prego, fa che non incroci stasera l’uomo della mia vita.
Grazie Signore, anche stavolta mi hai ascoltata. (quando però, starò sulla via del ritorno, dimentica la mia preghiera e rimettiti pure all’opera).
Tanto per sciogliere la lingua opto per un bicchiere di Herzù, vivamente consigliato dalla mia compagna. Un buon riesling, atipico, piemontese, di  Ettore Germano, il vignaiolo in Serralunga d’Alba che firma barolo come Cerretta e Lazzarito. Davvero molto gradevole, un attacco abbastanza riconoscibile di agrumi e idrocarburo. Acidità caparbia, pieno al gusto e discretamente sapido. Io chiacchiero e lui si apre incredibilmente virando su note dolci di passion fruit un po’ troppo esuberante per poi assestarsi su un elegante e più contenuto litchi.
A forza di parlare e sparlare mi viene ancora più sete e stavolta vado per un Pouilly-Fumé di cui non ricordo né l’annata né la maison, ma lo ricordo molto buono.
Va bene lo so che è poco professionale scordarsi l’etichetta e che sono ancor meno credibile se dico cha al secondo bicchiere sto già più di là che di qua. Il fatto è che mi sono tenuta particolarmente leggera tutto il giorno, per poter entrare nei jeans senza dover ricorrere allo svitol.
Nessuna paura, quando la mia amica leggerà quanto sopra posterà subito ogni informazione sul bel sauvignon..eddai sbrigati..

DUE AMICHE AL BSJ

Metti due amiche di vecchia data, metti una fresca sera d’inverno e un tavolo vista fiume al BSJ..
parrebbe una puntata di sex and the city, se non fosse per i  nostri nasi imperfetti e per la mia statura da pigmeo. Ok pure per altro, ma ora non sto a farla tanto lunga..
Arrivo a prendere la mia amica con i soliti 15 minuti di ritardo.. si lo so, eppure parto in anticipo..fa niente stasera abbiamo la serata libera, io e lei a fare follie e a raccontarci fatti e misfatti delle ultime settimane.
Entriamo e una ragazza molto gentile e pure molto bella verifica la prenotazione e si occupa dei nostri soprabiti. Un cordiale maitre, che solo dopo scopriremo essere il sommelier ci conduce al tavolo. Il rumore dei nostri tacchi echeggia sul pavimento di legno.
Ci sediamo e parte la prima battutaccia: secondo te a chi lo porteranno il menu con i prezzi?
Tesoro io ho fatto i baffetti stamani e ho messo pure lo smalto..
Si ma sono io che ho messo la gonna..
Ma secondo te le tipe a quel tavolo sono le nipoti dei due tipi?
Chiaro..
Ok ordiniamo.
Ok
Il vino però sceglilo tu, tanto io ne bevo solo un bicchiere..
Tesoro ti conosco da 22 anni… lascia perdere.
Opto per un pinot grigio Lis Neris, ragionevole in bocca e per le tasche. Puntuale il sommelier con il suo “ottima scelta signora”: adoro questa formula, è geniale, mi mette di buon umore all’istante.  Trenta nanosecondi di autocompiacimento, tutto compreso nel ricarico del vino.
Assaggia questi ravioli di zucca su crème brulée all’amaretto
Aspetta che ti passo i miei ravioli di baccalà con crema di patate violette e funghi fritti
Questo astice con lenticchie e vaniglia è davvero buono
Propongo un applauso per la salsa al tè earl grey che accompagna questo strudel di mele
Perché abbiamo ordinato l’acqua?
La conversazione che accompagna la cena è di chiara impronta filosofica, e finisce per approdare alle grandi questioni esistenziali: ma secondo te di cosa parleranno quei due?
Di cashmere
Eh?
Si è da due ore che lei gli sta descrivendo un golfino di cashmere
Ah bene.. cashmere. Lo devo tenere a mente.
Sabri prima di andare vado a incipriarmi il naso.
Ok ti aspetto
Ci mette molto e penso che debba rifarsi l’intero make-up; nel frattempo mangio ancora un pasticcino, e bevo l’ultimo sorso del muffato che gentilmente ci hanno offerto. Merito della mia amica che ha sposato un personaggio diciamo noto tra queste mura. Non vedendola tornare non posso fare a meno di pensare che lei ha sempre avuto uno strano rapporto con le toilette dei luoghi pubblici. Ricordo, secoli fa, when we were young, e frequentavamo tutt’altro tipo di locali, rimase chiusa nel bagno dell’Italy Italy di Piazza della Stazione. Me la rido al solo pensiero di dover avvertire il responsabile della manutenzione del BSJ.. ma eccola che torna: stavolta il problema era con l’ascensore.
Ci alziamo, solito rumore di tacchi sul pavimento di legno, che stavolta rivela un passo più incerto (soprattutto il mio). Riusciamo per mia grande felicità a incontrare la signora Segoni e a farle i complimenti per l’ottima cena. Felici e satolle ci congediamo e a braccetto ci avviamo verso la macchina, parcheggiata nella zona riservata ai ciclomotori.
Giuro non me ne ero accorta, anzi tra me e me ho pure pensato: che cul.. guarda quanto posto, forse abbiamo beccato la sera della pulizia strade..  

EVVAI CI SIAMO: MI PRESENTO

A quasi un anno di distanza dall’apertura di questa pagina, finalmente mi decido a scrivere qualcosa.
Mi chiamo sabrina somigli 36 anni suonati, cuoca per dovere e molto per piacere. Figlia di ristoratori (a momenti nasco vicino alla macchina da caffè della saletta bar), ho da sempre vissuto in trattoria, a contatto con i clienti. Alcuni di questi li ricordo giovani, poi li ho visti genitori e adesso nonni, e ancora frequentano il locale, orgogliosi di insegnare alla discendenza i luoghi del buon mangiare, i luoghi della tradizione. Prima di approdare definitivamente nel campo della ristorazione ho seguito un percorso quanto meno articolato: dopo un diploma in lingue straniere, mi sono laureata in biotecnologie agrarie, collaborando con l’Università di Almeria..adorata Andalusia. Quindi ho conseguito un dottorato di ricerca in microbiologia, volando tra Italia e Australia, studiando l’estrazione di composti ad alto valore nutritivo con cui produrre integratori alimentari dalle microalghe. Gli omega3 tanto per capirsi, gli acidi grassi tanto di moda.
Da 8 anni mi sono stabilita sulle colline fiorentine a gestire il ristorante di famiglia, conservo il  mal d’Australia e sogno da grande di poter aprire una piccola scuola di cucina.
ECCE KITCHEN
Ecce kitchen suona bene no?
Vi pare un po' troppo presuntoso?
Credetemi è una questione puramente affettiva, niente a che vedere con i grandi ecce, quelli seri. Ringrazio per questo nome i miei amici eleonora, marco e david e un po' anche nanni moretti: un sentito ecce kuccia a tutti loro. 
Dicevamo Ecce Kitchen, tradotto in: ecco la cucina, la mia, open space, free entrance per gli affamati, per gli amici, per i curiosi e per quelli che persi nella navigazione approdano per caso da questa parti…insomma boccucce entrate pure se vi pare, qui i fornelli sono sempre accesi.